mercoledì 7 marzo 2012

7* E 8* GG DEL MESE A SAN GIUSEPPE

6 - GIUSEPPE UMILE
Dio dà la grazia agli umili. Giac.. 4, e.
1. Giuseppe è umile.
Nei misericordiosi disegni di Dio, egli de­v'essere il custode di Gesù che si chiamerà «l'umile di cuore ». È logico che a quell'uf­ficio il Signore scelga di preferenza chi a Lui in qualche modo rassomigli.
Del resto la prontezza con la quale Giu­seppe ascolta la parola di Dio, comunque il Signore gliela manifesti, è la riprova delle sue serene disposizioni d'umiltà. Egli è abituato a far della parola di Dio la sua meditazione: sa quindi che il bene ci viene da Lui per tutte le vie e che il male viene unicamente da noi. Per questo, più che mai egli aderisce a Dio.
2. E l'umiltà lo rende forte.
Quando si è abituati a contare unicamente su di noi, si è portati a due eccessi: o ad esal­tarsi troppo o a troppo deprimersi. È anche questa una forma di debolezza, una forma d'impotenza.
Ma quando ci si appoggia sul Signore, non c'è motivo di diffidenza, non c'è motivo di scoramento. Il Signore ci conosce e conosce le nostre necessità e non ignora la nostra po­vertà. Ci siamo abbandonati a Lui, e Lui non ci abbandona. È Padre, il Signore, come nes­suno. Chi sta con Lui è al sicuro: ha la forza di Dio.
3. L'umiltà attira la grazia.
La forza di Dio, messa a servizio dell'uo­mo, si chiama grazia. La grazia ha dunque in alto le sue sorgenti: chi si abbassa sente giun­gere sino alle più riposte profondità il flusso benefico; ma chi s'innalza mette una barriera tra lui e Dio. L'acqua celeste non giunge più ad irrigare e fecondare.
Giuseppe aveva il cuore fiorente come giardino privilegiato. E in lui il Signore tro­vava le sue compiacenze.
       Giuseppe umile, guarda a me che son tanto superbo. Dovrei vergognarmi delle mie miserie, mentre, piuttosto che superarle con l'aiuto della grazia divina, cerco di nascon­derle e insieme decanto i miei supposti meri­ti e ostento le mie così dette qualità. Come sono meschino, e di quanta compassione ho bisogno! Tu che nutristi il Redentore e lo difendesti dai nemici perché fosse la nostra salute, di' al tuo Gesù che chiuda gli occhi sulla mia ostinatezza e la vinca con la pa­zienza del suo amore.

LETTURA

«Il fondamento della devozione era per san Giuseppe, come per Maria, l'umiltà ».
Fatta questa affermazione, il padre Faber - il piissimo e dottissimo oratoriano inglese - osserva: «Tuttavia l'umiltà di Giuseppe differiva da quella della sua casta sposa. C'era, in que­sta sua umiltà, meno oblio di sé stesso. Il suo sguardo era sempre fisso sulla sua propria indegnità...
Giuseppe era, in qualche modo, la personi­ficazione del disinteresse. Egli era sempli­cemente la provvidenza visibile di Gesù e di Maria. La sua grazia particolare era il possesso di se stesso.
Quest'anima rifletteva nella sua calma tra­sparente tutte le immagini dei celesti oggetti che lo circondavano. Giuseppe non era una luce che brillava; era piuttosto un odore che si esalava nella casa di Dio».
FIORETTO. Nasconderò volentieri ciò che torna a mio onore, pensando alle mie molte miserie.
GIACULATORIA. O Giuseppe, umile di cuore, prega per noi.
Di te dimentico t'unisci ai cori lieti degli angeli, e Gesù adori. 
7 - GIUSEPPE MANSUETO
I mansueti erediteranno la terra. Ps., 36, tt.
l. Giuseppe è mansueto.
È mansueto perché è umile. I superbi sono intolleranti e insofferenti, pronti allo scatto, alle rappresaglie, al disprezzo, alla durezza, all'egoismo. Ma gli umili sono proprio alla mano: fratelli ai fratelli, amici a tutti, pronti a chiudere gli occhi su gli altrui falli, contenti di sentirsi in pace con tutti, felici di veder sorridere, asciugando le lacrime altrui.
Giuseppe non lo possiamo pensare che mansueto.
Gesù ebbe in odio gli orgogliosi, i prepo­tenti: se ha voluto crescere sotto gli occhi di Giuseppe, è segno che in Giuseppe la mitez­za di cuore era abito giocondo e festevole. L'abito di Gesù.
2. Giuseppe sa compatire.
Caratteristica dei mansueti è quella di sa­persi mettere al posto degli altri. Grande sa­pienza! Noi abbiamo, d'ordinario, due pesi e due misure. Severissimi con gli altri, indul­gentissimi con noi. I santi fanno il contrario. Giuseppe, santo, ha goduto inoltre della fa­miliarità di Gesù, ch'è quanto dire, ha visto in atto la mansuetudine di Dio. Arricchito dei doni del Cielo, questi doni sarà lieto di met­tere a profitto dei fratelli, meno privilegiati di lui, sapendo che, nel pensiero del Padre, ogni dono non è di uno solo ma di tutti i suoi figliuoli. La mansuetudine nasce da questa considerazione che Gesù inculcherà senza stanchezza: Uno il Padre di tutti, Dio; e voi siete tutti fratelli.
3. Giuseppe, mansueto, sa aspettare.
Non muove foglia che Dio non voglia... Chi è nervoso, violento, prepotente, chi vuol spezzare piuttosto che piegare, o meglio, che convincere, perde facilmente la pazienza e fa male agli altri e a sé. Sapere aspettare è un grande atto di fiducioso amore verso Dio, è un grande atto di carità verso gli altri che pos­sono riprendersi, ricredersi, mutarsi in meglio. È tanto paziente il Signore! Giuseppe lo sa e, anche quando non riesce a intendere, sa aspet­tare.
       Giuseppe, mansueto nella gioia e nella tristezza, rispettoso di Dio e dei fratelli, esorta l'anima mia a saper veder le cose nel grande luminoso specchio della divina volontà: nul­la la turberà e tutto la rinsalderà nell'amore della virtù, nella certezza della celeste prote­zione, perché Dio è provvidenza materna, perché Dio sa trarre il bene anche dal male.

LETTURA

«L'infanzia di Gesù fu la croce di san Giu­seppe» nota con fine intuito il padre Faber. «Betleem gli tenne il posto del Calvario; i tur­bamenti e gli strapazzi che l'Incarnazione portò con sé ricadono in gran parte su di lui. I tesori di Dio sono affidati alla sua sola vigi­lanza. Il dubbio, il timore, l'ansietà, la pre­mura, gli occhi degli uomini, le gravi respon­sabilità, sono le prove che pesano su coloro i quali hanno passato il primo periodo dell'età virile, e più pesantemente del solito su di un cuore tenero e affettuoso come quello di san Giuseppe. Egli dovette, nel timido rispetto di un contemplativo, trovare il coraggio di un apostolo. Per circa trent'anni l'Incarnazio­ne gli lascia appena un giorno di pace; e quando a Nazaret egli gustò una specie di inquieta tranquillità, i fuochi dell'amor divi­no, attizzati dalla vicinanza di Gesù divora­vano la sua vita in silenzio».
FIORETTO. Riceverò con pazienza sgarbi o osserva­zioni, che potranno ferirmi durante la giorna­ta.
GIACULATORIA. Giuseppe, mite di cuore, prega per noi.
Per tuo modello, contempli pio Gesù, l'Agnello mite di Dio.

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