Carissimi fratelli, amate anime figlie di Dio, noi siamo figli del dolore, riacquistati da Gesù con un sacrificio cruentissimo: quella della Croce. Oggi adoriamo Iddio Crocifisso per AMORE DELL'UOMO, dopo aver percorso con Lui tutta la via dolorosa. Non la posteremo oggi, perchè ognuno deve farla nella propria parrocchia o seguire quella del Papa in tv, l'importante è meditare fino dove si è spinto l'amore di Dio per NOI, e adorando e ringraziando con commozione e pentimento sincero per tutto quanto nella vita operiamo CONTRO QUESTO AMORE. Come? Peccando in azioni, pensieri, parole, intenzioni....in omissioni alla carità e alla giustizia...oh fratelli cari, quanti e quanti peccati mettono il Salvatore condannato a morte su quel patibolo destinato ai malfattori più grandi! Eppure, Egli dice: Sì, Padre eccomi, prendi me, purchè ESSI TUTTI, SI SALVINO! Quale amore più grande di questo??????? Mettiamoci nei panni dell'Uomo-Dio e cerchiamo di capire quanto siamo poveri d'amore noi! e quanto bisogno abbiamo di arricchirci di Gesù per imparare ad amare di nuovo come il Padre ci creo' capaci, prima che la colpa ci deturpasse...
Oggi come famiglia di preghiera consacrata ai Cuori Sacratissimi di Gesù e Maria, Volontà Divina incarnata e Figlia Vaso Eccelso della Volontà di Dio, voglio chiedere per tutti che Dio ci crocifigga con Lui in questa vita per FARCI MORIRE A NOI STESSI su quella croce dove la Misericordia e l'Amore hanno salvato il mondo annientando per sempre vincendoli, peccato, divisione e morte!
Prima di lasciarci vorremmo augurare a tutti un buon triduo Pasquale, pieno di meditazione silenziosa e di adorazione, di rendimento di grazie a questo Dio che nessun uomo sa amare come Egli merita e che tanto lo ha fatto soffrire e lo amareggia continuamente ancor oggi. E' proprio facendo nostro Gesù, attingendo a questo tesoro sempre disponibile, che siamo in grado di poter nuovamente fare questo, di fatti,
ripariamo alle nostre ingratitudini offrendo al Padre per mezzo dell'Addolorata Mamma, Cristo stesso, Vittima Suprema di Espiazione per i nostri delitti e le nostre iniquità.
Oggi trovate la compassione all'Addolorata, la PREZIOSISSIMA PREGHIERA PER LIBERARE 33 ANIME DAL PURGATORIO (E NON FARLA E' UNO SPRECO COLPEVOLE DI GRAZIA, UN'OMISSIONE BRUTTA), il primo gg di Novena alla Divina Misericordia, e il Vangelo di oggi, subito qui sotto in questo post!
Cristo Crocifisso diventi per noi l'unico amore del nostro cuore, capace di scrivere il Suo amore operante con l'esempio delle nostre vite e ci faccia nel Suo Cuore un Corpo e un'Anima Sola con la Santissima Trinità. Maria sia il nostro modello per imparare ad amare Dio sopra ogni cosa, abbattendo NOI STESSI NEL NOSTRO FRAGILE E MALATO VOLERE.
Per Crucem ad Lucem!
Per Mariam ad Jesum!
Venerdì 6 aprile 2012
VENERDÌ SANTO
+ VANGELO (Gv 18,1- 19,42)
Passione del Signore.
+ Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni
In
quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli
al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò
con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo,
perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque
vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite
dai
capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi.
Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva
accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono
io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra.
Domandò
loro di nuovo: «Chi
cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto:
sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi
se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non
ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon
Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo
sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.
Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che
il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».
Allora
i soldati, con il comandante e le
guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima
da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote
quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È
conveniente che un solo uomo muoia per il
popolo».
Intanto
Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un
altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed
entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò
fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo
sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la
giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di
quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono».
Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva
freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si
scaldava.
Il
sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù
riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io
ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e
nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla
di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò
che
ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo,
una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo:
«Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato
male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato
bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a
Caifa, il sommo sacerdote.
Intanto
Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli
dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e
disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo
sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio,
disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro
negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
Condussero
poi Gesù dalla casa di Caifa nel
pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non
contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di
loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?».
Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo
consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e
giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi
non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano
le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
Pilato
allora rientrò nel pretorio, fece
chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose:
«Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di
me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei
sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse
di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non
fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora
Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù:
«Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono
venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla
verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».
E,
detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei
e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza
che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per
voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?».
Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!».
Barabba era un brigante.
Allora
Pilato fece prendere Gesù e lo fece
flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero
sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si
avvicinavano
e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
Pilato
uscì fuori di nuovo e disse loro:
«Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui
colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il
mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le
guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo
colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge
deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All’udire
queste parole, Pilato ebbe
ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove
sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora
Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e
il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu
non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato
dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più
grande».
Da
quel momento Pilato cercava di metterlo in
libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di
Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste
parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel
luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era
la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei:
«Ecco il vostro
re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato:
«Metterò in croce il vostro re?». Risposero i
capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo
consegnò loro perché fosse crocifisso.
Essi
presero Gesù ed egli, portando la croce,
si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo
crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e
Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla
croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei
Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove
Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in
latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a
Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha
detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto,
ho scritto».
I
soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù,
presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato
–, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta
d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola,
ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva
la Scrittura , che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla
mia
tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.
Stavano
presso la croce di Gesù sua madre, la
sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù
allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava,
disse
alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua
madre!». E da quell’ora il discepolo
l’accolse con sé.
Dopo
questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era
compiuto, affinché si compisse la Scrittura , disse: «Ho sete». Vi era
lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto,
in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso
l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo
spirito.
(Qui
si genuflette e di fa una breve pausa)
Era
il giorno della Parascève e i Giudei,
perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era
infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero
spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e
spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati
crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già
morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia
gli
colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà
testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero,
perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la
Scrittura : «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della
Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo
sguardo a colui che hanno trafitto».
Dopo
questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che
era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a
Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli
andò e
prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo -quello che in precedenza
era andato da lui di notte- e portò circa trenta chili di una mistura
di
mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con
teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la
sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e
nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora
posto.
Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il
sepolcro era vicino, posero Gesù. Parola del Signore
Commento di Padre Giulio Maria
Scozzaro
Sono le ultime parole di
Gesù a sigillare la sua missione: “Tutto è compiuto”. A
33 anni ha realizzato pienamente la
volontà del Padre senza venire meno in una sola minima circostanza.
L’unione ipostatica tra le due nature, quella divina e quella umana, non
poteva ovviamente inserire l’imperfezione, e Gesù rimane sempre il
modello anche per le piccole azioni che ha compiuto.
L’unione
ipostatica
indica la modalità utilizzata da Dio Figlio, il quale prese su di sé la
natura umana rimanendo completamente Dio allo stesso tempo. Gesù Cristo è
sempre stato Dio (Gv 8,58; 10,30), ma al momento dell’incarnazione il
Figlio di Dio è diventato un essere umano e si chiama Gesù (Gv 1,14).
L’Uomo che nasce da una Donna è Gesù, l’aggiunta della natura umana alla
natura divina: il Dio-Uomo. L’unione ipostatica indica
una Persona Divina in due nature, è Gesù Cristo, una Persona, pienamente
Dio e pienamente Uomo.
Ne
consegue che le due
nature di Gesù, quella umana e quella Divina, sono inseparabili, Egli
rimane per sempre il Dio-Uomo, due nature distinte in una sola Persona.
L’umanità e la divinità di Gesù non sono una mescolanza, esse permangono
unite senza che nessuna delle due perda la sua identità distinta.
Nel Vangelo abbiamo letto
che Gesù a volte mostrava i limiti della natura umana: “… qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù
dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno” (Gv 4,6). Come Uomo si è sottoposto alle limitazioni di questa
natura, ma sempre operava la potenza della Sua divinità: «E, detto questo, gridò a gran voce:
“Lazzaro, vieni fuori!”».
Gesù aveva due nature ma una personalità. Sottomise il suo Corpo a dure prove penitenziali fino alla
Croce.
L’affermazione: “Tutto è compiuto”
rivolto al Padre, per noi è il segno che tutti siamo chiamati a
compiere
completamente la volontà di Dio, non necessariamente nella sofferenza o
nelle prove della vita. Ci sono alcune prove che durano diversi anni, ma
Gesù vuole liberarci presto se lo chiediamo con profonda Fede. Non è
solo la sofferenza a provare che eseguiamo la volontà di Dio. Certo, la
sofferenza è il banco di prova più evidente, quando tutto va bene non è
una prova.
Animati da una forte convinzione assimilata dal Vangelo, possiamo vivere la sofferenza nell’amore e con
pazienza.
È
più facile ribellarsi e
abbandonare la pratica religiosa dinanzi una prova o qualcosa di
inaspettato, ma questo evidenzia la poca Fede, la poca conoscenza di
Gesù che ci
dice di chiamarlo per risolvere con Lui quella prova e superare il
momento di agitazione. Non è l’orgoglio e la rabbia a farci vincere
dinanzi
la sofferenza e la prova.
Guardiamo
l’atteggiamento
di Gesù nella Passione atroce, riflettiamo sulla pazienza nel patire,
l’Amore sempre presente nelle sue parole, senza
condannare ma perdonando i suoi uccisori. Nessuno arrivi a confondere la
sofferenza che pativa il suo Corpo con l’essere Dio, perché era la sua
natura umana a subire una ingiusta e massacrante violenza.
Gesù nel suo Corpo ha patito infinitamente più delle sofferenze degli uomini di tutti i tempi messi insieme, Lui
era immacolato.
Gesù
nell’ingiustizia
più ignobile della storia umana è rimasto sempre lo stesso, si sono
aggiunti patimenti e supplizi inenarrabili ma non ha
cambiato di una virgola le sue parole pronunciate da tre anni. La
coerenza di Gesù ci può sembrare banale, il fatto è di non considerarla
mai e ci
sembra scontata. Rimaniamo invece a contemplare la sua infinita coerenza
nelle atroci sofferenze, senza cambiare umore e
contegni.
Guardando
le sofferenze di
Gesù comprendiamo che le sofferenze dobbiamo accettarle e non fuggirle,
trovando espedienti poco cristiani. Accettare la sofferenza è sintomo di
maturità umana e spirituale, ma accettare non significa condividerle, è
l’atteggiamento buono senza scadere in azioni o pensieri ribelli e
maligni. Accettare comporta anche la preghiera per superarle insieme a
Gesù e alla Madonna, nessuno è chiamato a soffrire tutta la vita. Se
soffre
è a causa della mancata preghiera o della poca importanza data a Gesù.
Gesù non manda mai sofferenze, questo è impossibile, è la nostra natura fragile a patirle.
Guardiamo
e adoriamo oggi
la Croce , rimaniamo con Gesù in adorazione e proponiamoci di non
fuggire davanti una
sofferenza ma di affrontarla con Lui, invocandolo e mettendo nel suo
Cuore quanto ci rattrista ed è causa di abbattimento. Scopriremo un
aspetto
incredibile della vita spirituale che hanno provato i Santi che noi
veneriamo: la
coesistenza dell’amore e della sofferenza. Sembra
impossibile, lo è solo per chi non ha mai provato che nel vero cammino
spirituale
coesistono con assoluta facilità l’amore che accetta e sopporta, e la
sofferenza che indebolisce il fisico. Se indebolisce il fisico, lo
spirito invece è forte, sostiene tutto ed infonde calma.
Chiediamo oggi alla Madonna Addolorata di aiutarci ad accettare con serenità ogni forma di sofferenza e di
offrirla a Lei.
Nel Venerdì Santo non
si celebra la Santa Messa , la celebrazione si svolge in tre momenti:
Liturgia della Parola,
Adorazione della Croce,
Comunione eucaristica.
In questo giorno
la Santa
Comunione ai fedeli viene distribuita soltanto durante la celebrazione della Passione del Signore; ai malati, che non possono
prendere parte a questa celebrazione, si può portare la Comunione in qualunque
ora del giorno.
Il Sacerdote e il
diacono indossano le vesti di color rosso, come per la Messa.
Si recano poi
all’altare e, fatta la debita riverenza, si prostrano a terra o, secondo l’opportunità, s’inginocchiano. Tutti, in silenzio,
pregano per breve tempo.
ciao carissime paola e samantha vi auguro una felice e serena pasqua nel signore risorto, pace a voi ,e un caro saluto
RispondiEliminafabiop.