lunedì 16 aprile 2012

Misericordia e Giustizia

“…Così come volli con Me la mia Mamma come primo anello della Misericordia, per il quale dovevamo aprire le porte a tutte le creature e perciò volli appoggiare la destra, volli te come primo anello di Giustizia, per impedire che questa si sgravasse su tutte le creature come meritano; perciò volli poggiare la sinistra, affinché la sostenessi insieme con Me...”

Prima di venire come giusto Giudice, verrò come Re di Misericordia. Prima che venga il giorno della Giustizia sarà dato agli uomini questo segno nel cielo. Ogni luce si spegnerà nel cielo e ci sarà una grande tenebra in tutta la terra. Allora apparirà nel cielo il segno della Croce e dai buchi dove furono inchiodati le mani e i piedi del Salvatore usciranno grandi raggi di luce che durante qualche tempo illumineranno la terra. Questo avverrà poco prima dell’ultimo giorno”

(“Diario” di S. Faustina Kowalska, n. 83) LA PREGHIERA DI PETIZIONE

La Misericordia e la Giustizia

determinano due atteggiamenti religiosi, due tipi di preghiera

La Misericordia e la Giustizia, questi due Attributi divini, sono sempre e solo Amore di Dio e rappresentano rispettivamente l’Umanità SS. di Gesù e la sua Divinità, per cui sono inseparabili, come lo sono le due Nature del Verbo Incarnato. Formano come un binomio, come le due facce di una stessa medaglia (la Divina Volontà), e sono quelli che regolano i rapporti tra Dio è l’uomo: la Divina Misericordia è a difesa dell’uomo, la Divina Giustizia è a difesa di Dio.

Il Signore disse nell’ultima Cena: “Quando sarà venuto il Consolatore, Egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla Giustizia e al Giudizio…” (Gv 16, 8) Il peccato è il disordine che rompe l’armonia tra la Volontà Divina e la volontà umana; esso è ingiustizia e aggressione, che si scontra con la Divina Giustizia, e tale scontro forma il Giudizio. Ma il Giudizio si evita solo facendo ricorso alla Divina Misericordia.

Si deve però “soddisfare ogni giustizia”, come disse il Signore a San Giovanni il Battista, per permettere il passo alla misericordia. La Divina Misericordia passa verso la creatura sul ponte riparato della Divina Giustizia, ponte che viene distrutto dal peccato.

L’Opera della Redenzione è manifestazione e glorificazione della Divina Misericordia. L’Opera della Santificazione è invece manifestazione e glorifica-zione della Divina Giustizia, che “giustifica” (cioè, rende giusto) l’uomo con la Giustizia o Santità di Dio. È il traguardo: Cercate il Regno di Dio e la sua Giustizia, e tutto il resto ci sarà dato in più.

Il Signore Dio disse a Mosè: “Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia” (Es 33,19). Essere Giusto per Dio è un “dovere” (non potrebbe essere ingiusto), essere Misericordioso è un suo “diritto”, al quale Egli ci tiene.

Questi due attributi, Misericordia e Giustizia, che caratterizzano rispettiva-mente l’opera della Redenzione e il Regno della Volontà Divina, caratterizzano anche i vari atteggiamenti spirituali dell’uomo nei suoi rapporti con Dio:

il servo –e anche il figlio minorenne, che ha ancora mentalità di servo, essendo “come uno schiavo, pur essendo padrone di tutto” (Gal 4,1)– devono bussare alla porta della Divina Misericordia per ottenere. Da qui le esortazioni di Gesù a domandare (“Cercate e troverete, chiedete e riceverete, bussate e vi sarà aperto”, “Tutto ciò che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo darà”, ecc.). Mentalità che si vede dalle “intenzioni” che si mettono, nelle petizioni che si fanno, ecc., dal momento che “lex orandi, lex credendi” (cioè, il modo di pregare dice qual è la fede). È il “figlio prodigo” in cammino di ritorno verso la Casa del Padre.

Invece, il figlio che vive ormai nella Casa paterna, nella Volontà del Padre, non sente alcun bisogno di chiedere nulla per sé, perché sente tutto suo. “Una sola cosa gli sta a cuore, la Divina Volontà e l’Amore”, dice Gesù alla sua piccola Figlia, Luisa Piccarreta. Non ha cose proprie, ma tutto in comune con il Padre, per cui solo cerca “il Regno di Dio –per tutti– e la sua Giustizia o Santità. Non si interessa più di sé (vive in un perfetto abbandono fiducioso), ma s’interessa di ciò che sta a cuore a Dio, il suo Regno e la sua Gloria, e di ciò che giova al prossimo e lo può unire di più a Dio.

In altre parole, chi sta ancora fuori della Casa deve bussare, chi invece è dentro non ha bisogno. Per questo, dice il Signore, nel paradiso terrestre, nei rapporti tra Adamo innocente e Dio c’era da parte dell’uomo l’adorazione, la lode, il ringraziamento e l’amore, ma non c’era la supplica o la preghiera di petizione. Quella è nata dopo il peccato, dopo la rottura dell’unione con Dio, quando l’uomo si è sentito bisognoso di tutto, bisognoso di Misericordia da parte di Dio:

“…Oh, se le creature potessero comprendere il gran male della volontà umana ed il gran bene della Mia, aborrirebbero tanto la loro, che metterebbero la vita per fare la Mia! La volontà umana rende schiavo l’uomo, gli fa avere bisogno di tutto; [esso si] sente continuamente man-care la forza, la luce; la sua esistenza è sempre in pericolo, e ciò che ottiene è a via di preghiere e stentatamente. Sicché il vero mendicante è l’uomo che vive di volontà sua.

Invece, chi vive della Mia non ha bisogno di nulla, tiene tutto a sua disposizione. La mia Volontà gli dà il dominio di se stesso e quindi è padrone della forza, della luce; ma non della forza e della luce umana, ma della Divina. La sua esistenza è sempre al sicuro, ed essendo padrone, può prendere ciò che vuole, né ha bisogno di chiedere per avere. Tanto è vero che, prima di sottrarsi Adamo dalla mia Volontà, la preghiera [1] non esisteva; il bisogno fa nascere la preghiera. Se di nulla aveva bisogno, non aveva né da chiedere né da impetrare. Sicché lui amava, lodava, adorava il suo Creatore; la preghiera non ebbe luogo nell’Eden terrestre. La preghiera venne, ebbe vita dopo il peccato, come bisogno estremo del cuore dell’uomo. Chi prega, significa che ha bisogno, e siccome spera, prega per ottenere. Invece, chi vive nella mia Volontà vive nell’opulenza dei beni del suo Creatore, [vive] da padrone, e se bisogno o desiderio sente, vedendosi in tanti beni, è quello di voler dare agli altri la sua felicità e i beni della sua grande fortuna: vera immagine del suo Creatore, che gli ha dato tanto, senza restrizione alcuna; vorrebbe imitarlo, col dare agli altri ciò che possiede.” (Volume 20°, 16.11.1926)

Negli Scritti di Luisa troviamo molti insegnamenti sulla preghiera, sia di ado-razione, di benedizione, di ringraziamento, di riparazione o di amore, sia d’inter-cessione e di petizione. Per esempio, la preghiera che Gesù rivolge al Padre nel cuore di Luisa:

“Gesù mi ha fatto sentire che pregava il Padre per me, dicendo: «Padre Santo, ti prego per quest’anima, fa’ che adempia in tutto perfettamente la nostra SS. Volontà. Fa’, o Padre adorabile, che le sue azioni siano tanto conformate con le mie, in modo tale da non potersi discernere le une dalle altre e così poter compiere su di essa ciò che ho disegnato». (Vol. 2°, 18.08.1899).

Oppure,

“Continuando il mio solito stato, sentivo che nel mio interno il benedetto Gesù pregava dicendo: «Padre Santo, glorifica il nome tuo, confondi e nasconditi ai superbi e manifestati agli umili, perché solo l’umile ti riconosce come suo Creatore e si riconosce come tua creatura». (Vol. 4°, 09.03.1903).

“… Il mio amabile Gesù si è mosso nel mio interno e si faceva sentire che pregava per me, ed io solo capivo che implorava la potenza, la fortezza e la provvidenza del Padre per me, soggiungendo: «Non vedi, o Padre, come ha maggior bisogno d’aiuto, ché dopo tante grazie si vuol rendere peccatrice uscendo dalla nostra Volontà?» Chi può dire come mi sentivo spezzare il cuore nel sentire queste parole di Gesù?” (Vol. 5°, 07.04.1903).

Pregare per gli infermi è fare da medico a Nostro Signore (Vol. 2°, 03.10.1899). E se si prega per il prossimo, deve essere perché appartiene a Dio:

“Trovandomi nel solito mio stato, stavo pregando per certi bisogni del prossimo e il benedetto Gesù, movendosi nel mio interno, mi ha detto: «Per quale fine preghi per queste persone?» Ed io: «Signore, e Tu per quale fine ci amasti?» E Lui: «Vi amo perché siete cosa mia stessa, e quando l’oggetto è proprio, [ci] si sente costretti e come una necessità ad amarlo». Ed io: «Signore, sto pregando per queste persone perché sono cosa tua, altrimenti non mi sarei interessata». E Lui, mettendomi la mano alla fronte, quasi pre-mendola, ha soggiunto: «Ah, così è, perché cosa mia? Così va bene l’amore del prossimo». (Vol. 4°, 8.11.1903).

Gesù le spiega perché molte volte gli uomini chiedono e non ottengono, perché Dio accoglie solo quello che da Lui è uscito:

“Tutto ciò che esce da Me entra in Me. Ecco perché gli uomini si lamentano che non ottengono così facilmente quello che mi domandano, perché non sono cose che escono da Me e, non essendo cose che escono da Me, non possono così facilmente entrare in Me e uscire poi per darsi a loro, perché esce da Me ed entra in Me tutto ciò che è santo, puro e celeste. Ora, quale meraviglia se viene loro chiusa l’udienza, se le cose che domandano non sono tali? Ecco, perciò tieni tu bene a mente, che tutto ciò che esce da Dio entra in Dio”.

Chi può dire ciò che comprendevo su queste due parole? Ma non ho parole per sapermi spiegare. Ah, Signore, dammi la grazia che possa domandare tutto ciò che è santo e che sia desiderio e volontà tua, così potrai comunicarti con me più abbondantemente.” (Vol. 3°, 09.08.1900).

Luisa stessa prega incessantemente per la sua mamma agonizzante, offrendo per lei continuamente la Passione, costringe Gesù ad accontentarla, risparmian-dole il Purgatorio. (Vol. 7°, 13.04.1907)

La preghiera di Gesù è universale e facendosi sentire nel cuore di Luisa le insegna a fare ciò che fa Lui:

“…Non senti l’eco della mia preghiera nel tuo interno, che abbraccia tutto senza che nessuno mi sfugga? Perché tutte le cose e le generazioni tutte sono come un punto solo per Me; e per tutti prego, amo, adoro, riparo, e tu, facendo eco alla mia preghiera, ti senti come se prendessi in pugno tutti e tutto e ripeti ciò che faccio Io.” (Vol. 17°, 26.04.1925)

Figlia mia, come mi ferisce il cuore la preghiera di chi cerca solo il mio Volere! Sento l’eco della mia preghiera, che feci stando Io sulla terra. Tutte le mie preghiere si riducevano ad un punto solo, che la Volontà del Padre mio, tanto su di Me quanto su tutte le creature, si compisse.” (Vol. 17°, 22.02.1925)

“Stavo pensando a ciò che sta detto sopra, che la Volontà di Dio è un dono, e perciò come dono si possiede come cosa propria. Invece chi fa la Volontà di Dio deve stare ai comandi, deve domandare spesso, spesso, che cosa deve fare e che gliela presti in dono, non per essere padrone, ma per fare la stessa azione che Dio vuole, finita la quale [deve] restituire il dono che ha preso in prestito. Nella mia mente si facevano tante immagini e similitudini tra chi vive nel Volere Divino e lo possiede come dono, e chi fa la SS. Volontà di Dio, che non possiede la pienezza del dono, e se lo possiede è ad intervalli e in prestito.

Dico qualcuna di quelle similitudini. Supponevo che avessi una moneta d’oro che avesse la virtù di far sorgere quante monete io volessi. Oh, quanto mi potrei far ricca con questo dono. Invece un altra riceve in prestito questo dono per un’ora o per esplicare una sua azione, per restituirlo subito. Che differenza tra la mia ricchezza per il dono che posseggo, e quella [di] chi lo riceve in prestito!

Oppure, se avessi avuto in dono una luce che non si smorza mai, sicché di notte [e] di giorno io sono al sicuro, ho sempre il bene di vedere. Questa luce, che nessuno mi può togliere, si rende con me come connaturale e mi dà il bene di conoscere il bene per farlo e il male per fuggirlo, sicché con questa luce donatami in dono io mi schernisco di tutti: del mondo, del nemico, delle mie passioni e fin di me stessa. Quindi questa luce è per me sorgente perenne di felicità; è senza armi e mi difende, è senza voce e mi insegna, è senza mani e piedi e dirige la mia via e si fa guida sicura per portarmi al Cielo. Invece un altro, quando sente bisogno, deve andare a chiedere questa luce, quindi non la tiene a sua disposizione. Abituato a non guardare sempre insieme con la luce, non possiede la conoscenza del bene e del male, e non ha forza sufficiente per fare il bene ed evitare il male. Onde, non possedendo la luce accesa [e] continuata, in quanti inganni, pericoli e vie strette non si trova? Che differenza, tra chi possiede come dono suo questa luce e chi la deve andare a chiedere quando ha bisogno!” (Vol. 18°, 25.12.1925)

“Figlia mia, la Regina del Cielo nella Redenzione non fece nessun miracolo, perché le sue condizioni non permettevano di dare la vita ai morti, la sanità agli infermi, perché dal momento che la sua Volontà era quella di Dio medesimo, ciò che voleva e faceva il suo Dio, [lo] voleva e faceva Lei; né aveva altra volontà per chiedere a Dio miracoli e guarigioni, perché alla sua volontà umana non diede mai vita e per chiedere miracoli a questa Volontà Divina doveva avvalersi della sua, ciò che non volle fare, poiché sarebbe [stato] discendere nell’ordine umano, ma la Sovrana Regina non volle dare mai un passo fuori dell’ordine divino, e chi sta in esso deve volere e fare ciò che fa il suo Creatore, molto più che con la vita e la luce di questa Divina Volontà, vedeva che il meglio, il più perfetto, il più santo anche per le creature, era quello che voleva e faceva il suo Creatore. Quindi, come poteva discendere dall’altezza dell’ordine divino? E perciò fece solo il gran miracolo che racchiudeva tutti i miracoli, la Redenzione, voluta dalla stessa Volontà di cui era animata, che portò il bene universale e a chiunque lo vuole. La gran Madre Celeste, mentre in vita non fece nessun miracolo apparente, né di guarigioni, né di risuscitare i morti, faceva e fa miracoli [in] tutti i momenti, [a] tutte le ore e tutti i giorni, perché, come le anime si dispongono, si pentono, dando Lei stessa le disposizione al pentimento, biloca il suo Gesù, il frutto delle sue viscere, e tutto intero lo dà a ciascuno come conferma del gran miracolo che Dio volle che facesse questa Celeste Creatura. I miracoli che Dio stesso vuole che facciamo senza mescolamento di volontà umana, sono miracoli perenni, perché partono dalla sorgente divina che mai [si] esaurisce e basta volerli per riceverli.

Ora le tue condizioni si danno la mano con l’impareggiabile Regina del Cielo: dovendo tu formare il regno del «Fiat» Supremo non devi volere se non ciò che vuole e fa la mia Divina Volontà, né la tua volontà deve avere vita, ancorché ti sembri di fare un bene alle creature, e come la Mamma mia non volle fare altri miracoli se non quello di dare il suo Gesù alle creature, così tu, il miracolo voluto dalla mia Volontà Divina che tu faccia è quello di dare la mia Volontà alle creature, di farla conoscere per farla regnare. Con questo miracolo farai più di tutto, metterai al sicuro la salvezza, la santità, la nobiltà delle creature e sbandirai anche i mali corporali di esse, [la cui] causa [è] perché non regna la mia Volontà Divina; non solo, ma metterai in salvo una Volontà Divina in mezzo alle creature e le restituirai tutta la gloria e l’onore che l’ingratitudine umana le ha tolto. Ecco perché non ho permesso che gli facessi il miracolo di guarirlo [2], ma gli hai fatto il gran miracolo di fargli conoscere la mia Volontà, ed è partito dalla terra col possesso di essa e adesso gode nel pelago della luce della Divina Volontà, e questo è più di tutto.” (Vol. 22°, 01.06.1927)

“La Regina del Cielo col suo impero prega continuamente che venga il Regno della Divina Volontà sulla terra, e quando mai le abbiamo negato nulla? Le sue preghiere sono venti impetuosi per Noi, che non possiamo resistere, e la stessa forza della nostra Volontà che Lei possiede è per Noi impero, comando. Lei ha tutto il diritto d’impetrarlo, perché lo possedeva in terra e lo possiede in Cielo; quindi come posseditrice può dare ciò che è suo, tanto che questo Regno sarà chiamato il regno dell’Imperatrice Celeste.” (Vol. 33°, 14.07.1935)

Quindi Gesù ha pregato per i suoi (Gv 17), come anche la Mamma Celeste ha pregato e “prega per noi, peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”. Preghiera d’intercessione. E per chiedere per noi “il Regno di Dio e la sua Giustizia” alla Giustizia del Padre, loro che “avevano il diritto d’impetrarlo”, cioè di ottenerlo con giustizia a noi perché appartiene ad essi, quindi il diritto di darlo perché è di loro proprietà.

Così, chi vive nella Divina Volontà sente chiaramente di non aver bisogno di nulla, ma solo il bisogno di amore di dare. Non ha bisogno di chiedere, ma fa come fece la Mamma Celeste alle Nozze di Cana: fece presente a suo Figlio il problema degli altri (lo condivise con Lui nel modo più semplice), senza dirgli cosa doveva fare, e agli altri disse di “fare come suo Figlio avesse detto loro”, condizione indispensabile per ottenere da Gesù –come la Mamma Celeste dice a Luisa– “il necessario e il superfluo”.

Quante cose vorrebbe darci Dio, nostro Padre Celeste! Ed è Sua volontà che in quanto figli uniti al Figlio (“nel suo Nome”) gliele chiediamo, certo, ma come le ha chiesto Gesù: avendo identificato la nostra volontà con la Sua e lasciando a Dio il totale modo di risolvere il nostro problema, di esaudire la nostra richiesta (“Padre, se è possibile…, tuttavia non la mia, ma la tua Volontà sia fatta”).

Quante cose vorrebbe darci ancora nostro Padre Divino, ma quante di queste cose –secondo la sua Volontà– debbono essere da noi richieste con vera con-sapevolezza e vero desiderio, che, previo un atteggiamento di umiltà (il contrario è l’arroganza nel chiedere, il pretendere), si traduce in fiducia (“fede”) e perse-veranza. Insomma, quante volte e per tante cose il nostro chiedere deve rag-giungere un certo grado d’intensità, nel modo indicato, perché “faccia contatto” con il Suo desiderio di dare.

Non si oppone la preghiera di petizione al rapporto fiducioso di figli con il Padre, dal momento che Gesù dice: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Lc 11,9-13).

Basta di considerare la preghiera di petizione come una sorta di “tiro alla fune” con Dio, di “braccio di ferro” o di lotta con Lui. Non mettiamo Lui sopra un piatto di una bilancia e la nostra preghiera sull’altro piatto per vedere se riusciamo a superare la sua “resistenza”. La nostra preghiera non può servire a “convincerlo” di nulla, ma a “convincere noi” della Sua bontà, sapienza e grazia.

Non è che Dio sia avaro dei suoi doni, affatto, né duro di cuore come tante volte è giudicato dall’uomo, ma Egli dispone la concessione delle sue grazie e dell’esaudimento delle nostre petizioni in funzione della nostra crescita nella fiducia in Lui, della crescita della nostra unione con la sua Volontà. Quindi, la concessione di molte cose dipende –perché così Egli ha stabilito– non solo da Lui ma anche da noi, dal grado della nostra fiducia e della nostra unione con la sua Volontà, fino all’identificazione della nostra con la Sua in uno stesso volere.

Per questo la Mamma celeste disse una volta, a Medjugorje: “Sta a voi ottenere le grazie da Dio: c’è chi le ottiene forse dopo un anno, chi in un mese, chi in un giorno e chi in un minuto”.

Ma il tutto si riassume nella parola di Gesù, fondamentale:

“Cercate innanzi tutto il Regno di Dio e la sua Giustizia

e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”

P. Pablo Martín



[1] - Preghiera intesa come petizione o supplica.

[2] - Il Padre Di Francia (Sant’Annibale) le aveva chiesto di pregare per lui affinché Gesù lo guarisse.

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