Vangelo
Lc 24,
35-48
Così
sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo
giorno.
Dal
Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni»
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni»
Apparizione agli apostoli nel Cenacolo.
Poema: X, 13 da l'Evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta
6 aprile 1945.
1Sono
raccolti nel Cenacolo. La sera deve essere ben tarda, perché nessun rumore
viene più dalla via né dalla casa. Penso che anche quelli che erano venuti
prima si siano tutti ritirati o alle proprie case o a dormire, stanchi di
tante emozioni.
I dieci
invece, dopo aver mangiato dei pesci, di cui ancora qualcuno sussiste su
un vassoio posato sulla credenza, stanno parlando sotto la luce di una
sola fiammella del lampadario, la più vicina alla tavola. Sono ancora
seduti alla stessa. E hanno discorsi spezzati. Quasi dei monologhi, perché
pare che ognuno, più che col compagno, parli con se stesso. E gli altri lo
lasciano parlare, magari parlando a loro volta di tutt’altra cosa. Però
quei discorsi slegati, che mi fanno l’impressione dei raggi di una ruota
sfasciata, si sente che appartengono ad un solo argomento che li accentra,
anche se così sparsi. E che è Gesù.
2«Non
vorrei che Lazzaro avesse udito male, e meglio di lui avessero capito le
donne…», dice Giuda d’Alfeo.
«A che
ora ha detto di averlo visto la romana?», chiede Matteo. Nessuno gli
risponde.
«Domani
io vado a Cafarnao», dice Andrea.
«Che
meraviglia! Fare sì che esca proprio in quel momento la lettiga di
Claudia!», dice Bartolomeo.
«Abbiamo
fatto male, Pietro, a venire via subito questa mattina… Fossimo rimasti,
lo avremmo visto come
la Maddalena », sospira
Giovanni.
«Io non
capisco come poté essere a Emmaus e in palazzo insieme. E come qui dalla
Madre, e dalla Maddalena e da Giovanna insieme…», dice a se stesso Giacomo
di Zebedeo.
«Non
verrà. Non ho pianto abbastanza per meritarlo… Ha ragione. Io dico che per
tre giorni mi fa aspettare per le mie tre negazioni. Ma come, come ho
potuto fare quello?».
«Come
era trasfigurato Lazzaro! Vi dico: pareva lui un sole. Io penso gli sia
successo come a Mosè dopo avere visto Dio. E subito – vero, voi che
eravate là? – subito dopo avere offerto la sua vita!», dice lo Zelote.
Nessuno lo ascolta.
3Giacomo
d’Alfeo si volta da Giovanni e dice: «Come ha detto a quelli di Emmaus? Mi
pare che ci abbia scusati, non è vero? Non ha detto che tutto è avvenuto
per il nostro errore di israeliti sul modo di capire il suo
Regno?».
Giovanni
non gli dà nessuna retta e, volgendosi a guardare Filippo, dice… all’aria,
perché a Filippo non parla: «A me basta di saperlo risorto. E poi… E poi
che il mio amore sia sempre più forte. Visto, eh! È andato, se voi
guardate, in proporzione all’amore che avemmo:
la Madre , Maria Maddalena, i
bambini, mia madre e la tua, e poi Lazzaro e Marta… Quando a Marta? Io
dico quando ella intonò il salmo davidico: “ Il Signore è mio pastore, non
mi mancherà nulla. Egli mi ha posto in luogo di abbondanti pascoli, mi ha
condotto ad acque ristoratrici. Ha richiamato a Sé l’anima mia…”.
Ricordati come ci fece sussultare con quell’inaspettato canto? E quelle
parole si riconnettono a quanto ha detto: “Ha richiamato a Sé l’anima
mia”. Infatti Marta sembra avere ritrovato la sua via… Prima era smarrita,
lei, la forte! Forse nel richiamo le ha detto il luogo dove la vuole. È
certo anzi, perché, se le ha dato appuntamento, deve sapere dove lei sarà.
Che avrà voluto dire dicendo: “sponsali compiuti?”».
Filippo,
che lo ha guardato un momento e poi lo ha lasciato monologare, geme: «Io
non saprò che dirgli se viene… Io sono fuggito… e sento che fuggirò. Prima
per paura degli uomini. Ora per paura di Lui».
«Dicono
tutti: “è bellissimo”. Può mai essere più bello di quanto già era?», si
chiede Bartolomeo.
«Io gli
dirò: “Mi hai perdonato senza parola quando ero pubblicano. Perdonami
anche ora col tuo silenzio, perché non merita la mia viltà la tua
parola”», dice Matteo.
«Longino
dice che ha pensato: “Devo chiedergli di guarire o di credere?”. Ma ha
detto il suo cuore: “Di credere”, e allora
la Voce ha detto: “Vieni a Me”, ed
egli ha sentito la volontà di credere e la guarigione insieme. Me lo ha
proprio detto così», afferma Giuda d’Alfeo.
«Io sono
sempre fisso al pensiero di Lazzaro, premiato subito per la sua offerta…
L’ho detto io pure: “La mia vita per la tua gloria”. Ma non è venuto»,
sospira lo Zelote.
4«Che
dici, Simone? Tu che sei colto, dimmi: che gli devo dire per fargli capire
che lo amo e chiedo perdono? E tu, Giovanni? Tu hai parlato molto con
la Madre.
Aiutami. Non è pietà lasciare solo il povero
Pietro!».
Giovanni
si muove a compassione dell’avvilito compagno e dice: «Ma… ma io gli direi
semplicemente: “Ti amo”. Nell’amore è compreso anche il desiderio del
perdono e il pentimento. Però… non so. Simone, che dici
tu?».
E lo
Zelote: «Io direi quello che era il grido dei miracoli: “Gesù pietà di
me!”. Direi: “Gesù”. E basta. Perché è ben più del Figlio di
Davide!».
«È ben
quello che penso e che mi fa tremare. Oh! io nasconderò il capo… Anche
stamane avevo paura di vederlo e…».
«…e poi
sei entrato per primo. Ma non temere così. Sembra che tu non lo conosca»,
lo rincuora Giovanni.
5La
stanza si illumina vivamente come per un lampo abbagliante. Gli apostoli
si celano il viso temendo sia un fulmine. Ma non odono rumore e alzano il
capo.
Gesù è
in mezzo alla stanza, presso la tavola. Apre le braccia dicendo: «La pace sia con
voi».
Nessuno
risponde. Chi più pallido, chi più rosso, lo fissano tutti con paura e
soggezione. Affascinati e nello stesso tempo vogliosi quasi di
fuggire.
Gesù fa
un passo avanti, aumentando il suo sorriso. «Ma non temete così! Sono Io. Perché
così turbati? Non mi desideravate? Non vi avevo fatto dire che sarei
venuto? Non ve lo avevo detto fin dalla sera
pasquale?».
Nessuno
osa aprire bocca. Pietro piange già e Giovanni già sorride, mentre i due
cugini, con gli occhi lustri e un movimento di parola senza suono sulle
labbra, sembrano due statue raffiguranti il
desiderio.
«Perché
nei cuori avete pensieri così in contrasto fra il dubbio e la fede l’amore
e il timore? Perché ancora volete essere carne e non spirito, e con questo
solo vedere, comprendere, giudicare, operare? Sotto la vampa del dolore
non si è tutto arso il vecchio io, e non è sorto il nuovo
io di una vita nuova?
6Sono Gesù. Il vostro Gesù, risorto come aveva detto. Guardate.
Tu che le hai viste le ferite e voi che ignorate la mia tortura. Perché
quanto sapete è ben diverso dalla conoscenza esatta che ne ha Giovanni.
Vieni, tu per il primo. Sei già tutto mondo. Tanto mondo che mi puoi toccare senza
tema. L’amore, l’ubbidienza, la fedeltà già ti avevano fatto mondo. Il
mio Sangue, di cui fosti tutto rorido quando mi deponesti dal patibolo, ti
ha finito di purificare. Guarda. Sono vere mani e vere ferite. Osserva i
miei piedi. Vedi come il segno è quello del chiodo? Sì. Sono proprio Io e
non un fantasma. Toccatemi. Gli spettri non hanno corpo. Io ho vera carne
sopra un vero scheletro».
Posa
la Mano sul
capo di Giovanni che ha osato andargli vicino: «Senti? È calda e pesante».
Gli alita in volto: «E questo è respiro».
«Oh! mio
Signore!», Giovanni mormora piano così…
«Sì. Il
vostro Signore. Giovanni, non piangere di timore e di desiderio. Vieni a
Me. Sono sempre quello che ti amo. Sediamo, come sempre, alla tavola.
Avete nulla da mangiare? Datemelo, dunque».
Andrea e
Matteo, con mosse da sonnambuli, prendono dalle credenze il pane e i pesci
e un vassoio con un favo appena sbocconcellato in un
angolo.
Gesù
offre il cibo e mangia, e dà ad ognuno un poco di quanto mangia. E li
guarda. Tanto buono. Ma tanto maestoso che essi ne sono
paralizzati.
7Osa
parlare per primo Giacomo, fratello di Giovanni: «Perché ci guardi
così?».
«Perché
voglio conoscervi».
«Non ci
conosci ancora?».
«Come
voi non conoscete Me. Se mi conosceste, sapreste Chi sono e come vi amo, e
trovereste le parole per dirmi il vostro tormento. Voi tacete. Come di
fronte ad un estraneo potente di cui temete. Poco fa parlavate… Sono quasi
quattro giorni che parlate con voi stessi dicendo: “Gli dirò questo…”,
dicendo allo Spirito mio: “Torna, Signore, che io ti possa dire questo”.
Ora sono venuto e voi tacete? Tanto mutato sono che più non vi paia Io? O
tanto mutati siete da non amarmi più?».
Giovanni,
seduto presso al suo Gesù. ha l’atto abituale di posargli la testa sul
petto mentre mormora: «Io ti amo,
mio Dio», ma si irrigidisce vietandosi questo abbandono per rispetto
allo sfolgorante Figlio di Dio. Perché Gesù pare emanare una luce pur
essendo di una carne pari alla nostra.
Ma Gesù
se lo attira sul Cuore, e allora Giovanni apre la diga al suo pianto
beato. Ed è il segnale a tutti di farlo.
8Pietro,
due posti dopo Giovanni, scivola fra la tavola e il sedile e piange
gridando: «Perdono, perdono! Levami da questo inferno in cui sono da tante
ore. Dimmi che hai visto il mio errore per quello che fu. Non dello
spirito. Ma della carne che mi ha soverchiato il cuore. Dimmelo che hai
visto il mio pentimento… Esso durerà fino alla morte. Ma Tu… ma Tu dimmi
che come Gesù non ti devo temere… e io, e io… io cercherò di fare così
bene da farmi perdonare anche da Dio… e morire… avendo solo un gran
purgatorio da fare».
«Vieni qui, Simone di
Giona».
«Ho
paura».
«Vieni qui. Non essere oltre
vile».
«Non lo
merito di venirti accosto».
«Vieni qui. Che ti ha detto
la
Madre ? “Se non lo guardi su questo sudario non avrai
cuore di guardarmi mai più”. O uomo stolto! Quel Volto non ti ha detto col
suo sguardo doloroso che ti capivo e che ti perdonavo? Eppure l’ho dato quel lino per conforto, per
guida, per assoluzione, per benedizione… Ma che vi ha fatto Satana per
accecarvi tanto? Ora Io ti dico: se non mi guardi ora che sulla mia gloria
ho ancora steso un velo per adeguarmi alla vostra debolezza, non potrai
mai più venire senza paura al tuo Signore. E che ti avverrà allora? Per
presunzione peccasti. Vuoi ora tornare a peccare per ostinazione? Vieni,
ti dico».
Pietro
si trascina sui ginocchi, fra il tavolo e i sedili, con le mani sul volto
piangente. Lo ferma Gesù, quando è ai suoi piedi, mettendogli
la Mano sul
capo. Pietro, con un pianto anche più forte, prende quella Mano e la bacia
fra un vero singhiozzare senza freno. Non sa che dire: «Perdono!
Perdono!».
Gesù si
libera dalla sua stretta e, facendo leva della sua mano sotto il mento
dell’apostolo, lo obbliga ad alzare il capo e lo fissa negli occhi
arrossati, bruciati, straziati dal pentimento, coi suoi fulgidi Occhi
sereni. Pare gli voglia trivellare l’anima. Poi dice: «Andiamo. Levami l’obbrobrio di Giuda.
Baciami dove egli baciò. Lava col tuo bacio il segno del
tradimento».
Pietro
alza il capo, mentre Gesù si china ancora di più, e sfiora la guancia… poi
china il capo sulle ginocchia di Gesù e sta così… come un vecchio bambino
che ha fatto del male ma che è perdonato.
9Gli
altri, ora che vedono la bontà del loro Gesù, ritrovano un po’ di ardire e
si accostano come possono.
Vengono
prima i cugini… Vorrebbero dire tanto e non riescono a dire nulla. Gesù li
carezza e rincuora col suo sorriso.
Viene
Matteo con Andrea. Matteo dicendo: «Come a Cafarnao…», e Andrea: «Io,
io…ti amo io».
Viene
Bartolomeo gemendo: «Non sapiente fui. Ma stolto. Questo è sapiente», e
accenna allo Zelote, al quale Gesù sorride già.
Giacomo
di Zebedeo viene e sussurra a Giovanni: «Diglielo tu…»; e Gesù si volge
dice: «Da quattro sere lo hai detto e da tanto Io ti ho
compatito».
Filippo,
per ultimo, viene tutto curvo. Ma Gesù lo forza ad alzare il capo e gli
dice: «Per predicare il Cristo occorre maggior
coraggio».
10Ora sono
tutti intorno a Gesù. Si rinfrancano piano piano. Ritrovano quanto hanno
perduto o temuto di avere per sempre perduto. Riaffiora la confidenza, la
tranquillità e, per quanto Gesù sia tanto maestoso da tenere in un
rispetto nuovo i suoi apostoli, essi trovano finalmente il coraggio di
parlare.
È il
cugino Giacomo che sospira: «Perché ci hai fatto questo, Signore? Tu lo
sapevi che noi non siamo nulla e che ogni cosa da Dio viene. Perché non ci
hai dato la forza di essere al tuo fianco?».
Gesù lo
guarda e sorride.
«Ora
tutto è avvenuto. E nulla più Tu devi patire. Ma non mi chiedere più
questa ubbidienza. Sono invecchiato ad ogni ora di un lustro, e le tue
sofferenza, che l’amore e Satana ugualmente aumentavano nella mia
immaginazione di cinque volte quel che già non fossero, hanno proprio
consumato ogni mia forza. Non me ne è rimasta altro che per continuare ad
ubbidire, tenendo, come un che affoga con le mani spezzate, la mia forza
con la volontà come fossero i denti afferranti una tavola, per non perire…
Oh! non chiedere più questo al tuo lebbroso!».
Gesù
guarda Simone Zelote e sorride.
«Signore,
Tu lo sai quello che voleva il mio cuore. Ma poi non ho più avuto cuore…
come me lo avessero strappato i manigoldi che ti hanno preso… e mi è
rimasto un buco da cui fuggiva ogni mio pensiero antecedente. Perché hai
permesso questo, Signore?», chiede Andrea.
«Io… tu
dici il cuore? Io dico che fui uno senza ragione. Come chi prende un colpo
di clava sulla nuca. Quando, a notte fatta, io mi ritrovai a Gerico… oh!
Dio! Dio!… Ma può un uomo perire così? Io credo che così è la possessione.
Ora la capisco cosa è questa cosa tremenda!…». Filippo sbarra ancora gli
occhi al ricordo del suo soffrire.
«Ha
ragione Filippo. Io guardavo indietro. Vecchio sono e non povero di
sapienza. E più nulla sapevo di quanto avevo saputo fino a quell’ora.
11Guardavo Lazzaro, così straziato ma così sicuro, e mi dicevo:
“Ma come può essere che egli sappia ancora trovare una ragione ed io nulla
più?”», dice Bartolomeo.
«Io pure
guardavo Lazzaro. E poiché io so appena ciò che Tu ci hai spiegato, non
pensavo al sapere. Ma dicevo: “Almeno nel cuore fossi uguale!”; invece io
non avevo che dolore, dolore, dolore. Lazzaro aveva dolore e pace… Perché
a lui tanta pace?».
Gesù
guarda a turno prima Filippo, poi Bartolomeo, poi Giacomo di Zebedeo.
Sorride e tace.
Giuda
dice: «Io speravo giungere a vedere ciò che certo Lazzaro vedeva. Per
questo gli stavo sempre presso… Il suo viso!… Uno specchio. Un poco prima
del terremoto del Venerdì egli era come uno che muore stritolato. E poi
divenne di colpo maestoso nel suo dolore. Vi ricordate quando disse: “Il
dovere compiuto dà pace”? Noi tutti credemmo fosse solo un rimprovero per
noi o un’approvazione per se stesso. Ora penso che lo dicesse per Te. Era
un faro nelle nostre tenebre, Lazzaro. Quanto gli hai dato,
Signore!».
Gesù
sorride e tace.
«Sì. La
vita. E forse con quella gli hai dato un’anima diversa. Perché, infine,
che è lui di diverso da noi? Eppure non è più un uomo. È già qualcosa di
più dell’uomo e, per quello che era in passato, avrebbe dovuto essere
ancora meno di noi perfetto di spirito. Ma lui si è fatto, e noi… Signore,
il mio amore è stato vuoto come certe spighe. Solo pula ho dato», dice
Andrea.
E
Matteo: «Io nulla posso chiedere. Perché già tanto ho avuto con la mia
conversione. Ma sì! Avrei voluto avere ciò che ebbe Lazzaro. Un’anima data
da Te. Perché penso anche io come Andrea…».
«Anche
Maddalena e Marta furono dei fari. Sarà la razza. Voi non le avete viste.
Una era pietà e silenzio. L’altra! Oh! se siamo stati tutti un fascio
intorno alla Benedetta, è perché Maria di Magdala ci ha stretti con le
fiamme del suo coraggioso amore. Sì. Ho detto: la razza. Ma devo dire:
l’amore. Ci hanno superati
nell’amore. Per questo sono stati quelli che furono», dice
Giovanni.
Gesù
sorride e tace sempre.
«Ne
hanno avuto gran premio però…».
«A loro
apparisti».
«A tutti
e tre».
«A Maria subito dopo tua
Madre…».
È chiaro
negli apostoli un rimpianto per queste apparizioni di
privilegio.
«Maria
ti sa risorto già da tante ore. E noi solo ora ti possiamo
vedere».
«Non più
dubbi in loro. In noi, invece, ecco… solo ora sentiamo che nulla è finito.
Perché a loro, Signore, se ancora ci ami e non ci ripudi?», chiede Giacomo
d’Alfeo.
«Sì. Perché alle donne, e specie a
Maria? L’hai anche toccata sulla fronte, e lei dice che le pare di
portare un serto eterno. E a noi, i tuoi apostoli,
nulla…».
12Gesù non
sorride più. Il suo Volto non è turbato, ma cessa il suo sorriso. Guarda
serio Pietro che ha parlato per ultimo, riprendendo ardire man mano che la
paura gli passa, e dice:
«Avevo
dodici apostoli. E li amavo con tutto il mio Cuore. Io li avevo scelti e
come una madre ne avevo curato la crescita nella mia Vita. Non avevo
segreti per loro. Tutto dicevo, tutto spiegavo, tutto perdonavo. E le
umanità, e le sventatezze, e le caparbietà… tutto. E avevo dei discepoli.
Dei ricchi e dei poveri discepoli. Avevo donne dal fosco passato o dalla
debole costituzione. Ma i
prediletti erano gli apostoli.
È venuta
la mia ora. Uno mi ha
tradito e consegnato ai carnefici. Tre hanno dormito mentre Io sudavo
sangue. Tutti, meno due, sono fuggiti per viltà. Uno mi ha rinnegato
avendo paura, nonostante avesse l’esempio dell’altro, giovane e fedele. E,
quasi non bastasse, fra i dodici ho avuto un suicida disperato e uno che
ha dubitato tanto del mio perdono da non credere che a fatica, e per
materna parola, alla Misericordia di Dio. Di modo che, se avessi guardato
alla mia schiera, se l’avessi guardata con occhio umano, avrei dovuto
dire: “Meno Giovanni, fedele per amore, e Simone, fedele all’ubbidienza,
Io non ho più apostoli”. Questo avrei dovuto dire mentre soffrivo nel
recinto del Tempio, nel Pretorio, per le vie e sulla
Croce.
13Avevo
delle donne… E una, la più colpevole in passato, è stata, come Giovanni ha
detto, la fiamma che ha
saldato le spezzate fibre dei cuori. Quella donna è Maria di Magdala. Tu mi hai
rinnegato e sei fuggito. Ella ha
sfidato la morte per starmi vicino. Insultata, ha scoperto il suo
volto, pronta a ricevere sputi e ceffoni, pensando di assomigliare così di
più al suo Re crocifisso. Schernita nel fondo dei cuori per
la sua tenace fede nella mia Risurrezione, ha saputo continuare a credere.
Straziata, ha agito. Desolata, stamane, ha detto: “Di tutto mi spoglio, ma datemi il mio
Maestro”. Puoi osare ancora la domanda: “Perché a lei?”.
Avevo
dei discepoli poveri: dei pastori. Poco li ho avvicinati, eppure come
seppero confessarmi con la loro fedeltà!
Avevo
delle discepole timide, come
tutte le donne ebree. Eppure hanno saputo lasciare la casa e venire fra la
marea di un popolo che mi bestemmiava, per darmi quel soccorso che i miei
apostoli mi avevano negato.
Avevo
delle pagane che ammiravano il
“filosofo”. Per loro ero tale. Ma seppero scendere ad usi ebrei, le
potenti romane, per dirmi, nell’ora dell’abbandono di un mondo d’ingrati:
“Noi ti siamo
amiche”.
14Avevo il
volto coperto di sputi e sangue. Lacrime e sudore gocciavano sulle ferite.
Lordure e polvere me le incrostavano. Di chi la mano che mi deterse? La
tua? o la tua? Nessuna delle vostre mani. Costui era presso
la Madre.
Costui riuniva le pecore sperse. Voi. E se sperse
erano le mie pecore, come potevano darmi soccorso? Tu nascondevi il tuo
volto per paura del disprezzo del mondo, mentre il tuo Maestro veniva
coperto del disprezzo di tutto il mondo, Lui che era
innocente.
Avevo
sete. Sì. Sappi anche questo. Morivo di sete. Non avevo più che febbre e
dolore. Il sangue era già scorso nel Getsemani, tratto dal dolore di
essere tradito, abbandonato, rinnegato, percosso, sommerso dalle colpe
infinite e dal rigore di Dio. Ed ero corso nel Pretorio… Chi mi volle dare
una stilla per le fauci arse? Una mano d’Israele? No. La pietà di un pagano. La stessa
mano che, per decreto eterno, mi aprì il petto per mostrare che il Cuore
aveva già una ferita mortale, ed era quella che il non amore, la viltà, il
tradimento, vi avevano fatta. Un pagano. Vi ricordo: “Ebbi sete e mi desti
da bere”. Non uno che mi desse un
conforto in tutto Israele. O per
impossibilità di farlo, come
la Madre e le donne fedeli, o per
mala volontà di farlo. E un pagano
trovò per lo Sconosciuto la pietà che il mio popolo mi aveva negata.
Troverà in Cielo il sorso a Me dato.
In
verità vi dico che, se Io ho rifiutato ogni conforto, perché
quando si è Vittima non bisogna temperare la sorte, non ho voluto respingere il
pagano, nella cui offerta ho sentito il miele di tutto l’amore che
dai Gentili mi verrà dato a compenso dell’amarezza che mi dette Israele.
Non mi ha levato la sete. Ma lo sconforto, sì. Per questo ho preso quel
sorso ignorato. Per attirare a Me colui che già verso il Bene piegava. Sia
benedetto dal Padre per la sua pietà!
13Non
parlate più? Perché non chiedete ancora il perché ho così agito? Non osate
di chiederlo? Io ve lo dirò. Tutto vi dirò dei perché di
quest’ora.
Chi
siete voi? I miei
continuatori. Sì. Lo siete
nonostante il vostro smarrimento. Che dovete fare? Convertire il mondo
a Cristo. Convertire! È la cosa più delicata e difficile, amici miei. Gli
sdegni, i ribrezzi, gli orgogli, gli zeli esagerati sono tutti deleteri
alla riuscita. Ma, poiché nulla e nessuno vi avrebbe persuaso alla bontà,
alla condiscendenza, alla carità per quelli che sono nelle tenebre, è
stato necessario –comprendete?– necessario è stato che voi aveste, una
buona volta, frantumato il vostro orgoglio di ebrei, di maschi, di
apostoli, per dare luogo solo alla vera sapienza del ministero vostro.
Alla mitezza, pazienza, pietà amore senza borie e
ribrezzi.
Voi
vedete che tutti vi hanno superato nel credere e nell’agire, fra quelli
che voi guardavate con sprezzo o con compatimento orgoglioso. Tutti. E la peccatrice di
un giorno. E Lazzaro, intinto di cultura profana, il primo che in mio Nome
ha perdonato e guidato. E le donne pagane. E la debole moglie di Cusa.
Debole? Invero ella tutti vi supera! Prima martire della mia fede. E i
soldati di Roma. E i pastori. E l’erodiano Mannaen. E persino Gamaliele,
il rabbino. Non sussultare, Giovanni. Credi tu che il mio Spirito fosse
nelle tenebre? Tutti. E questo perché domani, ricordando il vostro errore,
non chiudiate il cuore a chi viene alla Croce.
Ve lo
dico. E già so che, nonostante lo dica, non lo farete che quando
la Forza
del Signore vi piegherà come fuscelli al mio Volere, che è quello di avere
dei cristiani di tutta
la Terra. Ho vinto
la Morte. Ma è meno dura del
vecchio ebraismo. Ma vi piegherò.
16Tu,
Pietro, in luogo di stare piangente e avvilito, tu che devi essere
la Pietra
della mia Chiesa, scolpisciti queste amare verità nel cuore. La mirra è
usata per preservare dalla corruzione. Intriditi di mirra, dunque. E
quando vorrai chiudere il cuore e
la Chiesa ad uno d’altra fede,
ricorda che non Israele, non Israele, non Israele, ma Roma mi difese e
volle avere pietà. Ricordati che non tu, ma una peccatrice seppe stare ai piedi
della Croce e meritò di vedermi per prima. E per non essere degno di
biasimo sii imitatore del tuo Dio. Apri il cuore e
la Chiesa dicendo: “Io,
il povero Pietro, non posso sprezzare, perché se sprezzerò sarò sprezzato
da Dio ed il mio errore tornerà vivo agli occhi suoi”. Guai se non ti
avessi spezzato così! Non un pastore ma un lupo saresti
divenuto».
17Gesù si
alza. Maestosissimo.
«Figli
miei. Ancora vi parlerò nel tempo che fra voi resterò. Ma per intanto vi
assolvo e perdono. Dopo la prova
che, se fu avvilente e crudele è stata anche salutare e necessaria,
venga in voi la pace del perdono. E, con essa in cuore, tornate i miei
amici fedeli e forti. Il Padre mi ha mandato nel mondo. Io mando voi nel
mondo a continuare la mia evangelizzazione. Miserie di ogni sorta verranno
a voi chiedendo sollievo. Siate
buoni pensando alla miseria vostra quando rimaneste senza il vostro
Gesù. Siate illuminati. Nelle tenebre non è lecito vedere. Siate mondi per
dare mondezza. Siate amore per amare. Poi verrà Colui che è Luce,
Purificazione e Amore. Ma intanto, per prepararvi a questo ministero, Io vi comunico lo Spirito Santo. A
chi rimetterete i peccati saranno rimessi. A chi li riterrete saranno
ritenuti. L’esperienza vostra vi faccia giusti per giudicare. Lo
Spirito Santo vi faccia santi per santificare. Il sincero volere di superare il
vostro mancamento vi faccia eroici per la vita che vi aspetta. Quanto
ancora è da dire ve lo dirò quando l’assente sarà venuto. Pregate per lui.
Rimanete con la mia pace e senza orgasmo di dubbio sul mio
amore».
E Gesù
scompare così come era entrato, lasciando fra Giovanni e Pietro un posto
vuoto. Scompare in un bagliore che fa chiudere gli occhi tanto è forte.
E,
quando gli occhi abbacinati si riaprono, trovano solo che la pace di Gesù
è rimasta, fiamma che brucia e che medica e che consuma le amarezze del
passato in un unico desiderio: di servire.
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