giovedì 5 aprile 2012

Per seguire meglio Gesu' verso la Sua Passione

17° Ora (Dalle 9 alle 10)

Gesù è coronato di spine e presentato al popolo:

“Ecco l’Uomo!”. Gesù è condannato a morte:

(Vol. 4°, 31-1-1903) “Figlia mia, volli soffrire queste spine nella mia testa, oltre che per espiare tutti i peccati di pensiero, per unire l’Intelligenza divina all’umana, perché l’Intelligenza divina era come dispersa nelle menti umane e le mie spine la chiamarono dal Cielo e la innestarono di nuovo. Non solo questo, ma ottenni aiuto, forza, chiarezza a chi doveva manifestare le cose divine, per farle conoscere agli altri”.

(Vol. 4°, 6-3-1903) Dopo aver molto stentato, il benedetto Gesù si faceva vedere da dentro il mio interno, dicendomi: “Vogliamo andare a vedere se le creature mi vogliono?” Ed io: “Sicuro che ti vorranno; essendo Tu l’Essere più amabile, chi avrà ardire di non volerti?” E Lui: “Andiamo e poi vedrai quello che faranno”.

Ci siamo andati e quando siamo giunti ad un punto dove ci stava molta gente, è uscita la sua testa da dentro il mio interno e ha detto quelle parole che disse Pilato quando lo mostrò al popolo: “Ecce Homo!”. E comprendevo che quelle parole significavano se volevano che il Signore regnasse come loro Re e avesse il dominio nei loro cuori, nelle menti, nelle opere; e quelli hanno risposto: “Toglietelo, non lo vogliamo, anzi crocifiggetelo, affinché sia distrutta ogni sua memoria!”

Oh, quante volte si ripetono queste scene! Onde il Signore ha detto a tutti: “Ecce Homo!” Nel dire ciò è successo un mormorio, una confusione, chi diceva: “non lo voglio come mio Re, voglio la ricchezza”; un altro: “il piacere”; un altro: “l’onore”, altri le dignità e altri tante altre cose.

Con ribrezzo ascoltavo queste voci e il Signore mi ha detto: “Hai inteso come nessuno mi vuole? Eppure questo è niente; volgiamoci al ceto reli-gioso e vediamo se mi vogliono”.

Onde mi sono trovata in mezzo ai sacerdoti, vescovi, religiose, devote; e Gesù con voce sonora ha ripetuto: “Ecce Homo!”. E quelli dicevano: “Lo vogliamo, ma vogliamo anche il nostro comodo”. Altri: “Lo vogliamo, ma unito all’interesse”. Rispondevano altri: “Lo vogliamo, ma unito alla stima, all’onore. Che se ne fa un religioso senza stima?” Replicavano altri: “Lo vogliamo, ma unito a qualche soddisfazione di creatura. Come si può vivere soli e senza che nessuno ci soddisfi?”, e certuni giungevano a volere almeno la soddisfazione nel sacramento della Confessione; ma solo, solo, quasi nessuno lo voleva, non mancando pure qualcuno che non si curasse affatto di Gesù Cristo. Onde tutto afflitto mi ha detto: “Figlia mia, ritiriamoci: hai visto come nessuno mi vuole o al più mi vogliono unito con qualche cosa che a loro piace? Io non mi contento di questo, perché il vero regnare è quando si regna da solo”.

(Vol. 5°, 12-10-1903) Questa mattina vedevo il mio adorabile Gesù nel mio interno, coronato di spine, e nel vederlo in quel modo gli ho detto: “Dolce mio Signore, perché il tuo capo invidiò il tuo flagellato corpo che tanto aveva sofferto e tanto sangue aveva versato, e non volendo il capo essere da meno del corpo, onorato col fregio del patire, istigasti Tu stesso i nemici a coronarti con una così dolorosa e tormentosa corona di spine?”

E Gesù: “Figlia mia, molti significati contiene questa coronazione di spine, e per quanto ne dicessi resta sempre molto da dire, perché è quasi incomprensibile alla mente creata il perché il mio capo volle tenersi onorato con avere la sua porzione distinta e speciale, non generale, di una sofferenza e spargimento di sangue a parte, facendo quasi a gara col corpo. Il perché fu che –essendo il capo [quello] che unisce tutto il corpo e tutta l’anima, di modo che il corpo senza il capo è niente (tanto che si può vivere senza le altre membra, ma senza il capo è impossibile, essendo la parte essenziale di tutto l’uomo), e tanto è vero, che se il corpo pecca o fa del bene, è il capo che dirige, non essendo il corpo altro che uno strumento dovendo il mio capo restituire il regime e il dominio [all’uomo], meritargli che nella mente umana entrassero nuovi cieli di grazie e nuovi mondi di verità, e ribattere nuovi inferni di peccati, fino a farsi vile schiavo di vili passioni, e volendo coronare tutta l’umana famiglia di gloria, di onore e di decoro, volli perciò coronare ed onorare in primo [luogo] la mia Umanità, sebbene con una corona di spine dolorosissima, simbolo della corona immortale, tolta dal peccato, che restituivo alle creature.

Oltre a ciò, la corona di spine significa che non c’è gloria e onore senza spine, che non ci può mai essere dominio di passioni e acquisto di virtù, senza sentirsi pungere fin dentro la carne e lo spirito, e che il vero regnare sta nel donare se stesso con le punture della mortificazione e del sacrificio. Inoltre queste spine significavano che [il] vero ed unico Re sono Io, e solo chi mi costituisce Re del proprio cuore gode pace e felicità, ed Io la costituisco regina del mio proprio regno. Onde, tutti quei rivoli di sangue che sgorgavano dal mio capo, erano tanti fiumicelli che legavano l’intelligenza umana alla conoscenza della mia sovranità sopra di loro”.

(Vol. 7°, 5-3-1906) Il benedetto Gesù è ritornato con la corona di spine, tanto addentrata nella testa, che le spine parevano fin dentro la bocca, e mi ha detto: “Ah, figlia mia, eppure molti non credono che le spine penetrarono fin dentro la bocca. È tanto brutto il peccato della superbia, che all’anima è veleno che la uccide; e così come una cosa che [si] tiene nella bocca impedisce che passi alcun cibo nel corpo per dargli vita, così la superbia impedisce la vita di Dio nell’anima; perciò volli soffrire tanto per la superbia umana; e con tutto ciò, la creatura giunge a tanta superbia che, ubriaca di superbia, perde la conoscenza di se stessa e giunge ad uccidere il corpo e l’anima”.

(Vol. 11°, 10-4-1914) Questa mattina, il mio sempre amabile Gesù è venuto crocifisso e mi partecipava le sue pene; e mi ha tirata tanto a sé nel mare della sua Passione, che quasi passo per passo la seguivo. Ma chi può dire tutto ciò che comprendevo? Sono tante cose che non so da dove cominciare. Dico solo che, nel vedergli strappare la corona di spine, le spine mantenevano il sangue per non farlo tutto uscire. Nello strappargli la corona di spine, quel sangue è sboccato fuori da quei piccoli fori e pioveva a larghi rivi sulla faccia, sopra i capelli e poi andava scendendo su tutta la persona di Gesù. E Gesù:

“Figlia, queste spine che mi pungono la testa pungeranno l’orgoglio, la superbia, le piaghe più nascoste dell’uomo, per fare uscire fuori il pus che contengono, e le spine intinte nel mio sangue lo risaneranno e gli restituiranno la corona che il peccato gli aveva tolto”.

(Vol. 11°, 24-4-1915) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pensando quanto soffrì il benedetto Gesù nell’essere coronato di spine, e Gesù, facendosi vedere, mi ha detto: “Figlia mia, i dolori che soffrii furono incomprensibili a mente creata; molto più dolorosi di quelle spine, nella mia mente s’inchiodavano tutti i pensieri cattivi delle creature, in modo che, di tutti questi pensieri, nessuno mi sfuggiva, tutti li sentivo in Me. E non solo sentivo le spine, ma anche il ribrezzo delle colpe che quelle spine infiggevano in Me.”

Onde io ho fatto per guardare l’amabile Gesù e vedevo la sua SS. testa circondata come da una raggiera di spine che gli usciva da dentro. Tutti i pensieri delle creature andavano da Gesù a loro e da loro a Gesù, e restavano come concatenati insieme: i cattivi pensieri delle creature coi pensieri SS. di Gesù... Oh, come soffriva Gesù! Poi ha soggiunto: “Figlia mia, solo le anime che vivono nella mia Volontà possono darmi vere riparazioni e raddolcirmi spine sì pungenti, perché vivendo nella mia Volontà e trovandosi la mia Volontà dappertutto, loro, trovandosi in Me ed in tutti, scendono nelle creature e salgono a Me, mi portano tutte le riparazioni e mi raddolci-scono, e fanno cambiare nelle menti le tenebre in luce”.

18° Ora (Dalle 10 alle 11)

Gesù abbraccia la Croce e si avvia al Calvario, dove è spogliato:

(Vol. 6°, 17-12-1903) Continuando il mio solito stato, per pochi istanti ho visto il benedetto Gesù con la croce sulle spalle, nell’atto d’incontrarsi con la sua SS. Madre, ed io gli ho detto: “Signore, che cosa fece la tua Madre in questo incontro dolorosissimo?”

E Lui: “Figlia mia, non fece altro che un atto d’adorazione profondissimo e semplicissimo e, siccome quanto più è semplice l’atto altrettanto è facile ad unirsi con Dio, Spirito semplicissimo, perciò in questo atto s’infuse in Me e continuò ciò che operavo Io stesso nel mio interno. E questo mi fu sommamente gradito, [più] che se mi avesse fatto qualunque altra cosa più grande, perché il vero spirito di adorazione in questo consiste: che la creatura sperde se stessa, si trova nell’ambiente divino e adora tutto ciò che opera Dio e a Lui si unisce. Credi tu che sia vera adorazione quella in cui la bocca adora e la mente pensa ad altro? Ossia, la mente adora e la volontà sta lontano da Me? Oppure quando una potenza mi adora e le altre stanno tutte disordinate? No, Io voglio tutto per Me e tutto ciò che le ho dato in Me, e questo è l’atto più grande di culto, d’adorazione, che la creatura può farmi.”

(Vol. 6°, 28-3-1905) “...Essendo giunta a quel punto dell’incontro di Gesù e Maria sulla via della croce, di nuovo si è fatto vedere e mi ha detto: “Figlia mia, anche con l’anima mi incontro continuamente, e se nell’incontro che faccio con l’anima la trovo in atto di esercitare le virtù e unita a Me, mi ricompensa dal dolore che soffrii quando incontrai la mia Madre così addolorata per causa mia.”

(Vol. 7°, 27-7-1906) Questa mattina, facendosi vedere il mio adorabile Gesù abbracciato alla croce, stavo pensando nel mio interno quali furono i suoi pensieri nel ricevere la croce. E Lui mi ha detto: “Figlia mia, quando ricevetti la croce, l’abbracciai come il mio più caro tesoro, perché nella croce dotai le anime e le sposai a Me. Ora, guardando la croce, la sua lunghezza e larghezza, Io giubilai, perché vedevo in essa le doti sufficienti per tutte le mie spose e nessuna poteva temere di non potersi sposare con Me, tenendo Io in proprio pugno, nella croce, il prezzo della loro dote; però con questa sola condizione, che se l’anima accetta i piccoli donativi che Io le invio, che sono le croci, come pegno che mi accetta come Sposo, lo sposalizio viene formato e le faccio la donazione della dote. Se poi non accetta i donativi, cioè, non si rassegna alla mia Volontà, resta sciolta ogni cosa e ad onta che Io voglio dotarla, non posso, perché per formare uno sposalizio ci vuole sempre la volontà d’ambo le parti, e non accettando l’anima i donativi, significa che non vuole accettare lo sposalizio.”

(Vol. 8°, 12-1907) Trovandomi nel solito mio stato, mi sono trovata col pensiero quando il benedetto Gesù incontrò la sua benedetta Madre sulla via del Calvario, e mentre compativo l’uno e l’altra, il dolce Gesù mi ha detto: “Figlia mia, mia Madre uscì nel giorno della mia Passione solo per poter incontrare e sollevare il suo Figlio. Così [fa] l’anima veramente amante, in tutto il suo operare la sua intenzione è solo quella di incontrare il suo Amato diletto e sollevarlo dal peso della sua croce. E siccome la vita umana è una continua attività di azioni, sia esterne che interne, l’anima non fa altro che continui incontri col suo Amato; e lo incontrerà solamente? No, no; lo saluterà, lo abbraccerà; lo bacia, lo consola, lo ama, [gli dice] una parolina fosse pure detta alla sfuggita. Lui resterà pago e contento, e contenendo l’azione sempre un sacrificio, se l’azione servirà per incontrare il sacrificio che c’è nell’azione, servirà per sollevarmi dal peso della mia croce. Quale sarà la felicità di quest’anima, che nel suo operare sta in continuo contatto con Me? Come crescerà il mio Amore sempre di più in ogni incontro in più che farà mediante il suo operare con Me? Ma quanti pochi se ne servono per trovare la via brevissima nella loro azione, per venire a Me e stringersi e sollevarmi da tante afflizioni che mi danno le creature!”

(Vol. 9°, 2-9-1910 Stavo pensando a Gesù che portava al Calvario la croce, specie quando in-contrò le donne, che dimenticò i suoi dolori e si occupò di consolare, di esaudire e di istruire insieme quelle povere donne. Come tutto era amore in Gesù! Aveva bisogno Lui di essere consolato, e invece consolava, e in che stato consolava! Era coperto tutto di piaghe, il capo trafitto da pungentissime spine, ansante e quasi morendo sotto la croce, e consola gli altri! Che esempio, che scorno per noi, che basta una piccola croce per farci dimenticare il dovere di consolare gli altri! Onde ricordavo quante volte, trovandomi io oppressa dalle sofferenze o dalle privazioni di Gesù che mi trafiggevano, laceravano il mio interno da parte a parte, e trovandomi attorniata di persone, Gesù mi spingeva ad imitarlo in questo passo della sua Passione; ed io, sebbene amareggiata fino nelle midolla delle ossa, mi sforzavo di dimenticare me stessa per consolare ed istruire gli altri.

(Vol. 10°, 12-11-1910) Stavo pensando al benedetto Gesù, quando portava la croce al Calvario, specie quando incontrò la Veronica, che gli offrì il pannolino per fare che si rasciugasse il volto, tutto grondante di sangue, e dicevo al mio amabile Gesù: Amor mio, Gesù, cuore del mio cuore, se la Veronica ti offrì il panno, io intendo non già offrirti pannolini per rasciugarti il sangue, ma ti offro il mio cuore, il mio palpito continuo, tutto il mio amore, la mia piccola intelligenza, il respiro, la circolazione del sangue, i movimenti, tutto il mio essere, a rasciugarti il sangue, e non solo il tuo volto, ma tutta la tua SS. Umanità. Intendo sminuzzarmi in tanti pezzetti quante sono le tue piaghe, i tuoi dolori, le tue amarezze, le gocce di sangue che spargi, per mettere a tutte le tue sofferenze, dove il mio amore, dove un lenitivo, dove un bacio, dove una riparazione, dove un compatimento, dove un ringraziamento, ecc.; non voglio che resti nessuna particella del mio essere, nessuna goccia del mio sangue, che non si occupi di Te. E sai, o Gesù, la ricompensa che voglio? Che in tutte le più piccole particelle del mio essere mi imprima, mi suggelli la tua immagine, acciocché trovandoti in tutto e dovunque possa moltiplicare il mio amore”. E tanti altri spropositi che dicevo.

Ora, avendo fatta la Comunione e guardando in me stessa, vedevo in tutte le particelle del mio essere tutto intero Gesù, dentro una fiamma, e questa fiamma diceva “amore”. E Gesù mi ha detto: “Ecco contentata la figlia mia: in quanti modi si è data a Me, in altrettanti e triplici modi mi sono donato a lei”.

(Vol. 14°, 24-2-1922) “Figlia mia, quando ricevetti la croce, la guardai da cima a fondo, per vedere il posto che ciascun’anima prendeva nella mia croce, e tra tante guardai con più amore e feci più attenzione speciale a quelle che sarebbero state rassegnate e che avrebbero fatto vita nella mia Volontà. Le guardai e vidi la loro croce lunga e larga come la mia, perché la mia Volontà suppliva a ciò che mancava alla loro croce e le allungava e le allargava quanto la mia. Oh, come spiccava la tua croce, lunga, lunga, di tanti anni di letto, sofferto solo per compiere la mia Volontà. La mia era solo per compiere la Volontà del mio Padre Celeste; la tua per compiere la Mia. L’una faceva onore all’altra e, siccome l’una e l’altra contenevano la stessa misura, si confondevano insieme.

Ora, la mia Volontà ha virtù di rammollire la durezza, di raddolcire l’amarezza, di allungare ed allargare le cose corte. Così, quando mi sentii la croce sulle mie spalle, sentivo la morbidezza, la dolcezza della croce delle anime che avrebbero sofferto nel mio Volere. Ah, il mio Cuore ebbe un respiro di sollievo e la morbidezza delle croci di queste face adattare la croce sulle mie spalle, da sprofondarsi tanto che mi fece una piaga profonda; e sebbene mi diede acerbo dolore, sentivo insieme la morbidezza e la dolcezza dell’anima che avrebbe sofferto nel mio Volere. E siccome la mia Volontà è eterna, il loro patire, le loro riparazioni, i loro atti scorrevano in ogni goccia del mio sangue, in ogni piaga, in ogni offesa. Il mio Volere le faceva trovarsi come presenti alle offese passate, dacché il primo uomo peccò, alle presenti e alle future. Erano proprio loro che mi ridavano i diritti del mio Volere, ed Io, per amor loro, decretavo la Redenzione; e se gli altri vi entrano, è per cagione di queste che vi prendono parte. Non c’è bene, né in Cielo, né in terra, che Io concedo, che non sia per causa loro”.

19° Ora

(Dalle 11 a mezzogiorno)

Gesù è crocifisso:

(Vol. 4°, 4-12-1902) “...Il tuo punto proprio lo troveranno sul Calvario. Io, sacerdote e vittima, innalzato sul legno della croce, volli che in quello stato di vittima mi assistesse un sacerdote, quale fu San Giovanni, che mi rappresentava la Chiesa nascente. In lui Io vedevo tutti: Papi, vescovi, sacerdoti, e tutti i fedeli insieme, ed egli, mentre mi assisteva, mi offriva quale vittima per la gloria del Padre e per il buon esito della Chiesa nascente. Questo non succedette a caso, che un sacerdote mi assistesse in quello stato di vittima, ma tutto fu profondo mistero predestinato fino ‘ab aeterno’ nella Mente divina, significando che, avendo scelto un’anima vittima per i gravi bisogni che si trovano nella Chiesa, un sacerdote me la offre, me la assiste, la aiuta, la incoraggia al patire.

Se queste cose si comprendono bene, loro stessi ne riceveranno il frutto dell’opera che prestano, come San Giovanni. Quanti beni non ebbe per avermi assistito sul monte Calvario? Se invece no, non fanno altro che mettere la mia opera in continui contrasti, distogliendo i miei più bei disegni. Oltre a ciò, la mia Sapienza è infinita, e nel mandare qualche croce all’anima per santificarla, non ne prendo una, ma cinque, dieci, quanti a Me piace, affinché non uno solo, ma tutti questi insieme si santifichino. Come sul Calvario, non fui Io solo; oltre ad avere un sacerdote, ebbi una Madre, ebbi gli amici e anche i nemici, che nel vedere il prodigio della mia pazienza molti mi credettero Dio qual ero e si convertirono; se Io fossi stato solo, avrebbero ricevuto questi grandi beni? Certo che no”.

(Vol. 6°, 15-12-1905) “Figlia mia, volli essere crocifisso e innalzato in croce per fare che le anime, a seconda che mi vogliano, mi trovino. Sicché, uno mi vuole maestro, perché sente la necessità di essere ammaestrato, ed Io mi abbasso ad insegnargli tanto le cose piccole quanto le più alte e sublimi, da farlo il più dotto tra tutti i dotti. Un altro geme nell’abbandono, nell’oblio; vorrebbe trovare un padre, viene ai piedi della mia croce, ed Io mi faccio padre, dandogli l’abitazione nelle mie piaghe, il mio sangue per bevanda, per cibo le mie carni e per eredità il mio stesso regno. Quell’altro è infermo e già mi trova medico, che non solo lo guarisco, ma gli do i rimedi sicuri per non cadere più nelle infermità. Quest’altro è oppresso da calunnie, da disprezzi: ai piedi della mia croce trova il suo difensore, fino a restituirgli le calunnie e i disprezzi [convertiti] in onori divini. Così di tutto il resto, sicché chi mi vuole giudice mi trova giudice, chi amico, chi sposo, chi avvocato, chi sacerdote, tale mi trovano. Perciò volli avere inchiodati mani e piedi, per non oppormi a nulla di ciò che vogliono, per farmi come mi vogliono; ma guai [a coloro] che, vedendo che Io non posso muovere neppure un dito, ardiscono di offendermi”.

(Vol. 7°, 14-9-1906) “Adorabile mio Bene, se quando soffristi la crocifissione tutte le anime tenevano posto nella tua Umanità, il mio posto in quale punto si trovava?”

E Lui: “Figlia mia, il posto delle anime amanti era nel mio Cuore. A te poi, oltre a tenerti nel Cuore, dovendo coadiuvare alla Redenzione con lo stato di vittima, ti tenevo in tutte le mie membra, come [loro] aiuto e sollievo.”

(Vol. 14°, 1-9-1922) “Coraggio, in questo stato si trova la presente generazione, e sono tali e tante le passioni di tutte le classi che la dominano, che le creature sono affogate dalle stesse passioni e dai vizi più brutti. Il marciume, il fango è tanto, che sta per sommergerli. Ecco, perciò ho voluto farti soffrire la pena di soffocarti la gola; questa è la pena degli eccessi estremi, ed Io, non potendo sostenere più il vedere l’umanità soffocata dai suoi stessi mali, ho voluto da te una riparazione. Sappi, però, che questa pena la soffrii anch’Io: quando mi crocifissero, mi stirarono tanto sulla croce e tutti i nervi me li stirarono tanto che me li sentivo spezzare, attorcigliare, e quelli della gola ne portarono una pena e una stiratura maggiore, da sentirmi soffocato. Era il grido dell’umanità sommersa dalle passioni, che stringendomi la gola mi affogava di pene. Fu tremenda e orribile questa mia pena. Come mi sentivo stirare i nervi, le ossa della gola, da sentirmi spezzare tutti i nervi della testa, della bocca, fin degli occhi, fu tale la tensione, che ogni piccolo moto mi faceva sentire pene mortali; ora mi rendeva immobile ed ora mi contorcevo tanto che sbattevo in modo orribile sulla croce, tanto che gli stessi nemici ne restavano terrorizzati. Perciò ripeto, coraggio, la mia Volontà ti darà forza per tutto”.

(Vol. 15°, 16-2-1923) “Figlia mia, quante cose farà conoscere la mia Volontà di ciò che operò la mia Umanità in questa Volontà Divina! La mia Umanità, per operare la Redenzione perfetta e completa, doveva farla nell’ambito dell’eternità; ecco la necessità di una Volontà Eterna. Se la mia volontà umana non avesse avuto con sé una [Volontà] Eterna, tutti i miei atti sarebbero stati atti determinati e finiti; invece, con questa erano interminabili ed infiniti. Perciò le mie pene, la mia croce, dovevano essere interminabili e infinite, e la Volontà Divina fece trovare alla mia Umanità tutte queste pene e croci, tanto che lei mi distendeva su tutta l’umana famiglia, dal primo all’ultimo uomo, ed Io assorbivo tutte le specie di pene in Me e ogni creatura formava la mia croce, sicché la mia croce fu tanto lunga quanto è e sarà la lunghezza di tutti i secoli e larga quanto le umane generazioni. Non fu solo la piccola croce del Calvario dove mi crocifissero gli ebrei; questa non era altro che una similitudine della lunga croce in cui mi teneva crocifisso la Suprema Volontà. Sicché ogni creatura formava la lunghezza e la larghezza della croce e, come la formavano, restavano innestate nella stessa croce, e il Volere Divino, distendendomi su di essa e crocifiggendomi, non solo faceva mia la croce, ma tutti quelli che formavano detta croce. Ecco perché avevo bisogno dell’ambito dell’eternità, dove dovevo tenere questa croce; lo spazio terrestre non basterebbe per contenerla.

Oh, quanto mi ameranno quando conosceranno ciò che fece la mia Umanità nella Divina Volontà, ciò che mi fece soffrire per amor loro! La mia croce non fu di legno, no, furono le anime. Erano loro che me le sentivo palpitanti nella croce su cui mi distendeva la Divina Volontà, e nessuna mi faceva sfuggire, a tutte dava il posto, e per dare posto a tutte mi distendeva in modo co straziante e con pene così atroci, che le pene della Passione potrei chiamarle piccole e sollievi. Perciò affrettati, affinché il mio Volere faccia conoscere tutto ciò che il Volere Eterno operò nella mia Umanità. Questa conoscenza riscuoterà tanto amore, che si piegheranno a farlo regnare in mezzo ad essi”.

(Vol. 12°, 15-5-1920) (...) “Figlia mia, la mia crocifissione fu completa e, sai perché? Perché fu fatta nella Volontà Eterna del Padre mio. In questa Volontà la croce si fece tanto lunga e larga, da abbracciare tutti i secoli, da penetrare in ogni cuore presente, passato e futuro, in modo che restavo crocifisso in ciascun cuore di creatura. Questa Divina Volontà metteva chiodi a tutto il mio interno, ai miei desideri, agli affetti e palpiti miei; posso dire che non avevo vita propria, ma la Vita della Volontà Eterna, che rinchiudeva in Me tutte le creature ed a cui voleva che rispondessi per tutto. Mai la mia crocifissione poteva essere completa e distesa tanto da abbracciare tutti, se il Voler Eterno non ne fosse l’Attore.

Anche in te la crocifissione voglio che sia completa e distesa a tutti. Ecco perciò il continuo richiamo nel mio Volere, le spinte a portare innanzi alla Maestà Suprema tutta l’umana famiglia ed a nome di tutti emettere gli atti che loro non fanno. L’oblio di te, la mancanza di riflessioni personali, non sono altro che chiodi che mette la mia Volontà. La mia Volontà non sa fare cose incomplete e piccole e, facendosi corona intorno all’anima, la vuole in Sé e, distendendola in tutto l’ambiente del suo Voler Eterno, vi mette il suggello del suo completamento. Il mio Volere svuota tutto l’umano dall’interno della creatura e vi mette tutto il divino e, per essere più sicuro, va suggellando tutto l’interno con tanti chiodi per quanti atti umani possono aver vita nella creatura, sostituendoli con tanti atti divini; e così vi forma le vere crocifissioni e, non per un tempo, ma per tutta la vita”.

20° Ora (Da mezzogiorno all’1)

Prima ora di agonia sulla Croce. Prima parola.

21° Ora (Dall’1 alle 2)

Seconda ora di agonia sulla Croce.

Seconda, terza e quarta parola.

(Vol. 6, 20-5-1905) Questa mattina stavo pensando quando il benedetto Gesù restò tutto slogato sulla croce, e dicevo tra me: “Ah, Signore, quanto potesti restare compenetrato da queste sì atroci sofferenze e come la vostra anima potette restare afflitta! In questo mentre, quasi ad ombra è venuto e mi ha detto:

“Figlia mia, Io non Mi occupavo delle mie sofferenze, ma Mi occupavo dello scopo delle mie pene, e siccome nelle mie pene vedevo compita la Volontà del Padre, soffrivo e nel mio stesso soffrire trovavo il più dolce riposo; perché il fare la Volontà Divina contiene questo bene, che mentre si soffre vi si trova il più bel riposo; e se si gode, e questo godere non è voluto da Dio, nello stesso godere vi si trova il più atroce tormento. Anzi, quanto più Mi avvicinavo al termine delle pene, agognando di compire in tutto la Volontà del Padre, così Mi sentivo più alleggerito ed il mio riposo si faceva più bello. Oh, quanto è diverso il modo che tengono le anime! Se soffrono o operano non hanno né la mira al frutto che possono ricavare né l’adempimento della Volontà Divina, si concentrano tutte nella cosa che fanno, e non vedendo i beni che possono guadagnare né al dolce riposo che porta la Volontà di Dio, vivono infastidite e tormentate e fuggono quanto più possono il patire e l’operare credendo di trovare riposo, e vi restano più tormentate di prima”.

22° Ora (Dalle 2 alle 3)

Terza ora di agonia. Quinta, sesta e settima parola.

La morte di Gesù:

(Vol. 2°, 28-7-1899) “Questa è la sete che gridai sulla croce, che non potendo dissetarla allora interamente, mi compiaccio di continuare a dissetarla nelle anime dei miei cari che soffrono. Quindi, soffrendo, vieni a dare un ristoro alla mia sete”.

(Vol. 9°, 4-7-1910) “Se l’agonia dell’orto fu in modo speciale per i moribondi, l’agonia della croce fu come aiuto nell’ultimo punto, proprio per l’ultimo respiro. Tutte e due sono agonie, ma una diversa dall’altra: l’agonia dell’orto [fu] piena di tristezze, di timori, di affanni, di spaventi; l’agonia della croce, piena di pace, di calma imperturbabile, e se gridai «ho sete», era sete insaziabile che tutti potessero spirare nel mio ultimo respiro; e vedendo che molti uscivano dal mio ultimo respiro, per il dolore gridai «sitio» [1], e questo «sitio» continuo ancora a gridare a tutti e a ciascuno, come campanello alla porta d’ogni cuore: «Ho sete di te, o anima! Deh, non uscire da Me, ma entra in Me e spira con Me». Sicché sono sei ore della mia Passione che diedi agli uomini per bene morire; le tre dell’orto furono come aiuto dell’agonia, le tre della croce come aiuto nell’ultimo anelito della morte. Dopo questo, chi non deve guardare la morte con sorriso? Molto più per chi mi ama, per chi cerca di sacrificarsi sulla mia stessa croce.

Vedi com’è bella la morte e come le cose si cambiano? In vita fui disprezzato, gli stessi miracoli non fecero gli effetti della mia morte; fin sulla croce ci furono insulti, ma non appena spirato, la morte ebbe la forza di cambiare le cose, tutti si percotevano il petto, confessandomi come vero Figlio di Dio; gli stessi miei discepoli presero coraggio e anche quegli occulti si fecero arditi e domandarono il mio corpo, dandomi onorevole sepoltura; Cielo e terra a piena voce mi confessarono Figlio di Dio.

La morte è qualcosa di grande, di sublime; e questo succede anche per i miei stessi figli. In vita disprezzati, conculcati; quelle stesse virtù, che come luce dovrebbero guidare chi li circonda, restano mezzo velate; i loro eroismi nel patire, le loro abnegazioni, il loro zelo per le anime, gettano chiarezze e dubbi nei circostanti, ed Io stesso permetto questi veli per conservare con più sicurezza la virtù dei miei cari figli. Ma non appena muoiono, non essendo più necessari questi veli, Io li ritiro e i dubbi si fanno certezze, la luce si fa chiara e questa luce fa apprezzare il loro eroismo, si fa stima di tutto e anche delle cose più piccole, sicché a ciò che non si può fare in vita supplisce la morte. E questo [è] per quello che succede di qua; e per quello che succede di là è proprio sorprendente ed invidiabile da tutti i mortali.”

23° Ora (Dalle 3 alle 4 del pomeriggio)

Gesù morto è trafitto con un colpo di lancia.

Deposizione di Gesù dalla Croce.

(Vol. 12°, 27-1-1919) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù, nel venire, mi faceva vedere il suo adorabile Cuore tutto pieno di ferite che scaturivano fiumi di Sangue e, tutto dolente, mi ha detto:

“Figlia mia, tra tante ferite che contiene il mio Cuore, vi sono tre ferite che Mi danno pene mortali e tale acerbità di dolore da sorpassare tutte le altre ferite insieme; e queste sono: Le pene delle mie anime amanti. Quando veggo un’anima tutta mia soffrire per causa mia, torturata, conculcata, pronta a soffrire anche la morte più dolorosa per Me, Io sento le sue pene come se fossero mie e forse di più ancora. Ah, l’amore sa aprire squarci più profondi, tanto da non far sentire le altre pene! In questa prima ferita entra per prima la mia cara Mamma. Oh, come il suo Cuore trafitto per causa delle mie pene traboccava nel mio e ne sentiva al vivo tutte le sue trafitture! E, nel vederla morente, e non morire, per causa della mia morte, Io sentivo nel mio lo strazio, la crudezza del suo martirio, e sentivo le pene della mia morte che sentiva il Cuore della mia cara Mamma, ed il mio Cuore ne moriva insieme. Sicché tutte le mie pene unite insieme innanzi alle pene della mia Mamma sorpassavano tutto. Era giusto che la mia Celeste Mamma avesse il primo posto nel mio Cuore, tanto nel dolore quanto nell’amore, perché ogni pena sofferta per amor mio, aprivano mari di grazie e di amore, che si riversavano nel suo Cuore trafitto. In questa ferita entrano tutte le anime che soffrono per causa mia e per solo amore; in questa entri tu, e quantunque tutti Mi offendessero e non Mi amassero, Io trovo in te l’amore che può supplirmi per tutti. E perciò, quando le creature Mi cacciano, Mi costringono a farmi fuggire da loro, Io lesto lesto vengo a rifugiarmi in te come a mio nascondiglio e, trovando il mio amore, non il loro, e penante solo per Me, dico: ‘Non Mi pento di aver creato cielo e terra e d’avere tanto sofferto!’ Un’anima che Mi ama e che pena per Me è tutto il mio contento, la mia felicità, il mio compenso di tutto ciò che ho fatto e, mettendo come da parte tutto il resto, Mi delizio e scherzo con lei. Però, questa ferita d’amore nel mio Cuore, mentre è la più dolorosa, da sorpassare tutto, contiene due effetti nel medesimo tempo: mi dà intenso dolore e somma gioia, amarezza indicibile e dolcezza indescrivibile, morte dolorosa e vita gloriosa. Sono gli eccessi del mio amore, inconcepibili a mente creata; e difatti, quanti contenti non trovava il mio Cuore nei dolori della mia trafitta Mamma?

La seconda ferita mortale del mio Cuore è l’ingratitudine. La creatura coll’ingratitudine chiude il mio Cuore, anzi lei stessa vi mena la chiave a doppie girate, ed il mio Cuore ne gonfia perché vuol versare grazie, amore, e non può, perché la creatura Me l’ha chiuso e vi ha messo il suggello coll’ingratitudine; ed Io vo in delirio, smanio senza speranza che questa ferita Mi sia rimarginata, perché la ingratitudine Me la va sempre inasprendo, dandomi pena mortale.

La terza è l’ostinazione. Che ferita mortale al mio Cuore! L’ostinazione è la distruzione di tutti i beni che ho fatto verso la creatura; è la firma di dichiarazione che mette la creatura di non più conoscermi, di non appartenermi più, è la chiave dell’inferno [in] cui la creatura va a precipitarsi; ed il mio Cuore ne sente lo strappo, Mi si fa in pezzi e Mi sento portar via uno di quei pezzi. Che ferita mortale è l’ostinazione!

Figlia mia, entra nel mio Cuore e prendi parte a queste mie ferite, compatisci il mio Cuore straziato, soffriamo insieme e preghiamo”. Io sono entrata nel suo Cuore: come era doloroso, ma bello, soffrire e pregare con Gesù!

Nella Divina Volontà stiamo anche noi nascosti in quella ferita del Cuore di Gesù per consolarlo e condividere le sue pene...

24° Ora (Dalle 4 alle 5 del pomeriggio)

Sepoltura di Gesù. Maria Santissima desolata:

(Vol. 11°, 10-1914) Stavo scrivendo le Ore della Passione e pensavo tra me: “Quanti sacrifizi nello scrivere queste benedette Ore della Passione, specie nel mettere su carta certi atti interni che solo tra me e Gesù erano passati! Quale ne sarà la ricompensa che Egli mi darà?” E Gesù, facendomi sentire la sua voce tenera e dolce, mi ha detto: “Figlia mia, per compenso che hai scritto le Ore della mia Passione, ad ogni parola che hai scritto ti darò un bacio, un’anima”.

Ed io: “Amor mio, questo a me; ed a quelle che le faranno che le darai?” E Gesù: “Se le faranno insieme con Me e con la mia stessa Volontà, ad ogni parola che reciteranno le darò anche un’anima; perché tutta la maggiore o minore efficacia di queste Ore della mia Passione sta nella maggiore o minore unione che hanno con Me, e facendole con la mia Volontà, la creatura si nasconde nel mio Volere, ed agendo il mio Volere posso fare tutti i beni che voglio, anche per una sola parola. E questo ogni volta che le farete”.

Un’altra volta stavo lamentandomi con Gesù, ché dopo tanti sacrifizi nello scrivere queste Ore della Passione, erano tante poche le anime che le facevano; ed Egli: “Figlia mia, non ti lamentare; ancorché fosse una sola, ne dovresti essere contenta. Non avrei sofferto tutta la mia Passione ancorché si dovesse salvare una sola anima? Così anche tu. Mai si deve omettere il bene perché pochi se ne avvalgono; tutto il male è per chi non profitta. E come la mia Passione fece acquistare il merito alla mia Umanità come se tutti si salvassero, ad onta che non tutti si salvano, perché la mia Volontà era quella di salvarli tutti, e meritai a seconda che Io volevo, non a seconda il profitto che ne farebbero le creature, così tu, a seconda che la tua volontà si è immedesimata con la mia Volontà di voler e di fare bene a tutti, così ne resterai ricompensata. Tutto il male è di quelle che, potendo, non le fanno.

Queste Ore sono le più preziose di tutte, perché non è altro che ripetere ciò che feci nel corso della mia vita mortale e ciò che continuo nel Santissimo Sacramento. Quando sento queste Ore della mia Passione, sento la mia stessa voce, le mie stesse preghiere; veggo la mia Volontà in quell’anima, qual’è di volere il bene di tutti e di riparare per tutti, ed Io Mi sento trasportato a dimorare in essa per poter fare in lei ciò che fa lei stessa. Oh, quanto amerei che anche una sola per paese facesse queste Ore della mia Passione! Sentirei Me stesso in ogni paese, e la mia Giustizia, in questi tempi grandemente sdegnata, ne resterebbe in parte placata”.

Aggiungo che un giorno stavo facendo l’Ora quando la Celeste Mamma diede sepoltura a Gesù, ed io la seguii per tenerle compagnia nella sua amara desolazione per compatirla. Questa non ero solita di farla sempre, solo qualche volta. Ora stavo indecisa se dovevo farla o no, e Gesù benedetto, tutto amore e come se mi pregasse, mi ha detto: “Figlia mia, non voglio che la tralasci; la farai per amor mio, in onore della mia Mamma. Sappi che ogni qualvolta tu la fai, la mia Mamma si sente come se stesse in persona in terra a ripetere la sua vita, e quindi riceve Essa quella gloria ed amore che diede a Me sulla terra; ed Io sento come se stesse di nuovo la mia Mamma in terra, le sue tenerezze materne, il suo amore e tutta la gloria che Ella mi diede. Quindi, ti terrò in conto di madre”. Onde, abbracciandomi, mi sentivo dire zitto zitto: “Mamma mia, mamma”. E mi suggeriva ciò che fece e soffrì in quest’Ora la dolce Mamma, ed io la seguii. E d’allora in poi non l’ho più tralasciata, aiutata dalla sua Grazia.



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